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Se la strada potesse parlare di James Baldwin

 REPORT

JAMES BALDWIN, SE LA STRADA POTESSE PARLARE, Fandango libri, pp. 212, 2018

Il libro è piaciuto: unisce alla scorrevolezza di lettura la densità di temi forti che, a distanza di tempo rispetto alla sua prima pubblicazione, sono oggi drammaticamente attuali. I personaggi emergono con vivacità sullo sfondo di una New York razzista , nei quartieri, nelle strade, nei negozi. Qualcuno si aspettava una drammaticità maggiore in linea con le precedenti letture “altre” del gruppo. Qualcun altro ha percepito una sorta di fastidio proprio per la mancanza di quel “superdramma” che le vicende narrate comporterebbero: appare “normale” il comportamento del poliziotto cacciatore di neri, come lo sono la difficoltà di trovare casa per i due giovani e l’atteggiamento arrogante dei clienti bianchi con Tish nella profumeria in cui lavora.

Le due famiglie dei protagonisti hanno aspirazioni diverse: quella di Fonny imita i bianchi nell’abbigliamento, nelle abitudini di vita, negli atteggiamenti, perfino nella tonalità della pelle, quella di Tish è consapevole delle sue origini e ne fa motivo d’orgoglio. Sono bene delineati sia la sorella di Tish, sia le madri e i padri. C’è chi ha apprezzato, oltre alla scrittura, la visione sfaccettata della realtà: non una distinzione stereotipata tra bianchi cattivi e neri buoni. Nel romanzo incontriamo anche bianchi che non camuffano la realtà: l’avvocato di Fonny apertamente dice che il processo non è ricerca di verità, perché comunque vince il più forte. Prova ne è la vicenda di Daniel, amico di Fonny, che arrestato per un presunto furto d’auto è ricattabile da parte del poliziotto, perciò ben difficilmente potrà scagionare Fonny , fornendogli il giusto alibi. Innocente, se mai potrà uscire dal carcere, sarà senza lavoro.

Fonny è descritto con poche parole essenziali, è molto consapevole: durante la sua drammatica vicenda e soprattutto con la sua resistenza in carcere prende coscienza, trova il suo “centro”. Ha deciso di seguire la sua passione, la scultura. Per questo Tish dice che non è “ il povero negro di nessuno”, frase che si può interpretare come ”è un uomo”. Tish trae questo orgoglio anche da una riflessione sulle scuole professionali, i cui gestori non vogliono che i ragazzi diventino intelligenti: proprio perchè insegnano loro a diventare schiavi Fonny se ne è allontanato.

Qualcuno ha detto che la conclusione del libro acquista forza proprio perché il parto di Tish non è descritto munuziosamente e che il pianto continuo del bambino comunica desiderio di vita. L’amore dei due ragazzi, sostenuto da quello della famiglia, li ha resi forti. Hanno raggiunto il loro obiettivo. Forse è la terra promessa che il titolo dell’ultima parte del libro, “Sion”, vuole indicare. Baldwin ha messo al centro del romanzo proprio l’amore in senso largo, oltre quello tra uomo e donna, tra donna e donna, tra uomo e uomo. Questa era la forza che lo avvicinava a Martin Luther King. Ma Baldwin ha potuto rielaborare le sue riflessioni solo durante la sua permanenza in Francia, lontano dagli Stati Uniti, dove il problema di rapporti tra bianchi e neri è talmente radicato , come vediamo anche oggi, che avrebbe bisogno di una soluzione strutturale.

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