PRINCIPALI TEMI, OSSERVAZIONI, CONTRIBUTI emersi dalla discussione.
È
stato espresso un giudizio positivo da parte di tutti i partecipanti,
nonostante la lettura sia stata faticosa ed impegnativa. Lo stile pesante,
caratterizzato da una prosa ampollosa, il ricorso a perifrasi e circonlocuzioni
sono state evidenziati da tutti, ma si è convenuto che sia stata una scelta
precisa dell’A. per rispecchiare il più fedelmente possibile il personaggio
Stevens e creare un’atmosfera “vecchia Inghilterra”, piuttosto decadente ed
oppressiva.
La
forma testuale è quella di un diario di viaggio, ma non viene tralasciato un
piano più oggettivo, quello del contesto storico, caratterizzato dal declino
definitivo dell’aristocrazia inglese e soprattutto dal passaggio avvenuto dopo
la seconda guerra mondiale, dal potere inglese a quello americano. Questo
cambiamento è reso anche dal cambio di proprietà della casa da Lord Darlington
a mr. Faraday, nuovo datore di lavoro a cui il maggiordomo dovrà adeguarsi.
Il
romanzo si basa sui ricordi emersi durante un viaggio in Cornovaglia fatto nel
1956 e relativi ad episodi di vita avvenuti negli anni Venti e Trenta, quando
l’uomo era al servizio dell’aristocratico inglese Lord Darlington.
L’evocazione
dei ricordi si trasforma in un bilancio esistenziale, in una riflessione sulla
vita trascorsa interamente nella casa in cui Stevens ha sempre prestato
servizio. L’abitazione è il suo intero mondo, decisamente claustrofobico e
limitato, ma mai avvertito da lui in questo modo.
Spiccano
la rigidità del suo comportamento, l’assenza di una vita affettiva, emotiva e di
relazione se non quelle dettate dal suo ruolo, l’identificazione totale con il
lavoro svolto, l’esasperazione del senso del dovere, un concetto di “dignità”
come unico valore ed obiettivo, sovrapposto a quello di perfezione assoluta,
devozione totale e abnegazione acritica nei confronti del lord.
Sono
state date diverse interpretazioni a questo atteggiamento, tra cui aspetti di
una personalità ossessivo-compulsiva che non può accettare l’errore, quindi
Stevens sarebbe un personaggio
sofferente, patologico e lontano dalla normalità, da guardare con compassione
perché “ha buttato via la vita”. Altre caratteristiche negative del maggiordomo
emerse sono state l’emulazione totale dell’atteggiamento del padre,
l’anafettività devastante con cui è stato educato, che non gli ha permesso di
coltivare e forse nemmeno di riconoscere alcuna emozione né rapporto, nemmeno
quello con miss Kenton, nonostante i chiari messaggi della donna e il suo
coinvolgimento.
Lascia
sgomenti anche l’atteggiamento impassibile nei confronti della morte del padre
e l’indifferenza con la quale esegue l’ordine di Lord Darlington di licenziare
le due ragazze solo perché ebree. Risulta fastidioso ed insopportabile anche il
suo considerare ogni decisione, come giusta e tesa al bene, del nobile che serve, nonostante le sue
frequentazioni ambigue e le connivenze con il nascente regime nazista.
Tutti
questi aspetti fanno giudicare Stevens come un personaggio freddo e pavido,
senza capacità di discernimento, in grado solo di eseguire. Anche la decisione
che l’uomo prende alla fine del viaggio, di cambiare atteggiamento dando più
spazio all’ironia, prima tanto disdegnata, viene vista in questa luce. Bisogna
modificare l’approccio non per scelta o convinzione, ma solo per compiacere al
nuovo padrone, cosi diverso dal precedente.
Non
tutti hanno condiviso questa analisi ed altre osservazioni hanno visto Stevens
come il perfetto maggiordomo inglese e nei suoi comportamenti alcuni aspetti
della cultura giapponese, che propone un’esaltazione del lavoro e in esso un
servizio, che si configura come dedizione totale ed assoluta.
Questa
convinzione potrebbe ritrovarsi nell’origine dell’A., il quale è nella testa
del maggiordomo e ci consegna un prototipo di esso, addirittura scrivendo come
avrebbe fatto lui.
Su miss
Kenton l’A. dice poco, ma è una figura altrettanto fondamentale per lo
svolgersi del romanzo, è molto bello l’intreccio delle due figure ed il
tentativo della donna di farlo aprire ad una dimensione emotiva ed affettiva
che Steven non è in grado di cogliere perché privo di strumenti. La governante
è la figura femminile che rappresenta la spontaneità, la cura e l’importanza
della vita emotiva.
L’incontro
con lei e l’uomo con il quale il maggiordomo conversa occasionalmente sulla
banchina, in attesa del ritorno aprono delle brecce e finalmente il
protagonista si apre ad una dimensione umana consapevole e sincera.
Il
rientro è mesto ed il bilancio della sua vita piuttosto amaro: capisce di aver
perso definitivamente un’ultima occasione di felicità a cui sembrava ora essere
in grado di aprirsi.
La
delusione di Stevens è un po’ mitigata dalla convinzione che il destino riservi
poca possibilità di scelta agli uomini. Infatti, nella vita di miss Kenton
quasi convinta a tornare dopo la fine del suo matrimonio, si presenta un evento
del tutto inatteso: la gravidanza della
figlia e ciò la fa desistere senza dubbi. Anche lei si AFFIDA, o meglio
soccombe agli eventi previsti dal fato, ma “affidarsi” fa vivere più in pace.
La
convinzione sull’ineluttabilità del destino, la consapevolezza ancora limitata,
la limitatezza della dimensione emotiva, fanno capire a Stevens l’inutilità del
continuo rimuginare e che si possa fare ancora qualcosa con “quel che resta del
giorno “.
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