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2023-06-06 Quel che resta del giorno di K. Ishiguro

 

PRINCIPALI TEMI, OSSERVAZIONI, CONTRIBUTI emersi dalla discussione.

È stato espresso un giudizio positivo da parte di tutti i partecipanti, nonostante la lettura sia stata faticosa ed impegnativa. Lo stile pesante, caratterizzato da una prosa ampollosa, il ricorso a perifrasi e circonlocuzioni sono state evidenziati da tutti, ma si è convenuto che sia stata una scelta precisa dell’A. per rispecchiare il più fedelmente possibile il personaggio Stevens e creare un’atmosfera “vecchia Inghilterra”, piuttosto decadente ed oppressiva.

La forma testuale è quella di un diario di viaggio, ma non viene tralasciato un piano più oggettivo, quello del contesto storico, caratterizzato dal declino definitivo dell’aristocrazia inglese e soprattutto dal passaggio avvenuto dopo la seconda guerra mondiale, dal potere inglese a quello americano. Questo cambiamento è reso anche dal cambio di proprietà della casa da Lord Darlington a mr. Faraday, nuovo datore di lavoro a cui il maggiordomo dovrà adeguarsi.

Il romanzo si basa sui ricordi emersi durante un viaggio in Cornovaglia fatto nel 1956 e relativi ad episodi di vita avvenuti negli anni Venti e Trenta, quando l’uomo era al servizio dell’aristocratico inglese Lord Darlington.

L’evocazione dei ricordi si trasforma in un bilancio esistenziale, in una riflessione sulla vita trascorsa interamente nella casa in cui Stevens ha sempre prestato servizio. L’abitazione è il suo intero mondo, decisamente claustrofobico e limitato, ma mai avvertito da lui in questo modo.

Spiccano la rigidità del suo comportamento, l’assenza di una vita affettiva, emotiva e di relazione se non quelle dettate dal suo ruolo, l’identificazione totale con il lavoro svolto, l’esasperazione del senso del dovere, un concetto di “dignità” come unico valore ed obiettivo, sovrapposto a quello di perfezione assoluta, devozione totale e abnegazione acritica nei confronti del lord.

Sono state date diverse interpretazioni a questo atteggiamento, tra cui aspetti di una personalità ossessivo-compulsiva che non può accettare l’errore, quindi Stevens  sarebbe un personaggio sofferente, patologico e lontano dalla normalità, da guardare con compassione perché “ha buttato via la vita”. Altre caratteristiche negative del maggiordomo emerse sono state l’emulazione totale dell’atteggiamento del padre, l’anafettività devastante con cui è stato educato, che non gli ha permesso di coltivare e forse nemmeno di riconoscere alcuna emozione né rapporto, nemmeno quello con miss Kenton, nonostante i chiari messaggi della donna e il suo coinvolgimento.

Lascia sgomenti anche l’atteggiamento impassibile nei confronti della morte del padre e l’indifferenza con la quale esegue l’ordine di Lord Darlington di licenziare le due ragazze solo perché ebree. Risulta fastidioso ed insopportabile anche il suo considerare ogni decisione, come giusta e tesa al bene,  del nobile che serve, nonostante le sue frequentazioni ambigue e le connivenze con il nascente regime nazista.

Tutti questi aspetti fanno giudicare Stevens come un personaggio freddo e pavido, senza capacità di discernimento, in grado solo di eseguire. Anche la decisione che l’uomo prende alla fine del viaggio, di cambiare atteggiamento dando più spazio all’ironia, prima tanto disdegnata, viene vista in questa luce. Bisogna modificare l’approccio non per scelta o convinzione, ma solo per compiacere al nuovo padrone, cosi diverso dal precedente.

Non tutti hanno condiviso questa analisi ed altre osservazioni hanno visto Stevens come il perfetto maggiordomo inglese e nei suoi comportamenti alcuni aspetti della cultura giapponese, che propone un’esaltazione del lavoro e in esso un servizio, che si configura come dedizione totale ed assoluta.

Questa convinzione potrebbe ritrovarsi nell’origine dell’A., il quale è nella testa del maggiordomo e ci consegna un prototipo di esso, addirittura scrivendo come avrebbe fatto lui.

Su miss Kenton l’A. dice poco, ma è una figura altrettanto fondamentale per lo svolgersi del romanzo, è molto bello l’intreccio delle due figure ed il tentativo della donna di farlo aprire ad una dimensione emotiva ed affettiva che Steven non è in grado di cogliere perché privo di strumenti. La governante è la figura femminile che rappresenta la spontaneità, la cura e l’importanza della vita emotiva.

L’incontro con lei e l’uomo con il quale il maggiordomo conversa occasionalmente sulla banchina, in attesa del ritorno aprono delle brecce e finalmente il protagonista si apre ad una dimensione umana consapevole e sincera.

Il rientro è mesto ed il bilancio della sua vita piuttosto amaro: capisce di aver perso definitivamente un’ultima occasione di felicità a cui sembrava ora essere in grado di aprirsi.

La delusione di Stevens è un po’ mitigata dalla convinzione che il destino riservi poca possibilità di scelta agli uomini. Infatti, nella vita di miss Kenton quasi convinta a tornare dopo la fine del suo matrimonio, si presenta un evento del tutto inatteso: la  gravidanza della figlia e ciò la fa desistere senza dubbi. Anche lei si AFFIDA, o meglio soccombe agli eventi previsti dal fato, ma “affidarsi” fa vivere più in pace.

La convinzione sull’ineluttabilità del destino, la consapevolezza ancora limitata, la limitatezza della dimensione emotiva, fanno capire a Stevens l’inutilità del continuo rimuginare e che si possa fare ancora qualcosa con “quel che resta del giorno “.

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