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giovedì 12 maggio 2016

letterature altre, Aprile spezzato di I. Kadaré



17.2.2016
Volevo aggiungere alcune considerazioni su ‘Aprile spezzato’ di Ismail Kadaré

- La legge del kanun, come del resto la democrazia della polis greca (altro legame con la cultura nel concetto della sacralità dell’ospite), è un patto tra uomini in cui le donne non hanno alcun peso. E’ una legge che afferma il principio clanico o sociale patriarcale, dove la libertà individuale non ha importanza. Mi colpiva come queste leggi fossero benaccette e partecipate dai componenti la comunità (almeno Kadaré non sottolinea alcuna defezione a tal proposito, solo Gjorg mostra dubbi e resistenza amletica, ma non ribellione). Come se non ci fosse scollamento tra il basso e l’alto della società.
Ciò mi fa pensare a come invece la cosa pubblica (leggi, rappresentanza politica, stato) sia sempre più lontana dalla partecipazione e condivisione dei singoli nelle nostre società occidentali. Società occidentali dall’illuminismo e la rivoluzione francese in poi basate sulle libertà individuali. Ma ci sentiamo sempre meno parte di una comunità, come se da noi il privilegiare l’aspetto delle libertà individuali avesse accentuato lo scollamento con il sociale.
Ovviamente non voglio dire che per questo mi attira il kanun o un sistema societario dove l’individuo non conta. E dove la donna scompare addirittura nel privato delle quattro mura domestiche. Ma mi fa pensare che forse anche da noi c’è uno squilibrio. Che qualcosa va ripensato. Ma il discorso è ovviamente più complesso e porta ad altro.

- I personaggi principali sono uomini: la vittima/carnefice Gjorg degli altipiani e lo scrittore di città Besian, curioso e ammirato da un mondo mitico, di imprese titaniche in un ambiente duro ed ostile (contrapposto al ‘pallore’ del mondo cittadino al quale appartiene). Un’altra figura cui è dato spazio nel romanzo è il rappresentante e amministratore centrale della legge stessa, Mark Ukacierre. Personaggio tormentato che ironicamente soffre di disturbi psicosomatici o depressivi che, sembra di capire, trovano giovamento in viaggi di ricognizione amministrativa. Buffo anche che lui, che ne è il responsabile, debba ricorrere a un prete per la lettura e applicazione del kanun.

- Il viaggio è un altro tema interessante. Tutti i personaggi considerati sono in viaggio o pensano che il viaggio sia una soluzione (Ukacierre). Per necessità curiosità lavoro. E’ un romanzo ‘on the road’. Gjorg lo deve fare nella prima parte per recarsi dai signori di Orosh cui versare l’obolo di sangue, ma nella seconda parte con i vari personaggi che incontra e di cui ascolta le storie, è un’occasione se pur tardiva di conoscenza e di crescita individuale, nei 30 giorni di tregua prima di essere ucciso. Anche Besian tocca con mano lo iato tra la sua ammirazione intellettuale di partenza e la vita reale dell’altipiano. Mentre una prima parte del viaggio sembra mantener viva la curiosità e anche ammirazione, il casuale incontro con la vittima Gjorg sembra segnarne una crisi, una critica.  L’unico personaggio femminile cui, di riflesso, è dato qualche spazio è Diana, la moglie. Diana che ama il marito, lo ammira per i suoi libri, il suo sapere, la sua curiosità, ma via via nel viaggio, dopo il simbolico incontro con Gjorg, le situazioni che seguono la vedono sempre più distante, assente dalla partecipazione o condivisione con Besian.  L’acme è quando entra nella kulla a fine viaggio e ne esce cambiata, sconvolta, svuotata (ricorda un po’ la protagonista di ‘A Passage to India’ e il misterioso e simbolico episodio delle grotte). Lei e Gjorg due vittime del kanun, più che innamorati direi. Lo sguardo che si scambiano nell’unico incontro è una finestra che apre speranze disattese nella dura legge dell’altopiano. (p 167: ‘ Come una farfalla sbattuta da una nera locomotiva, Diana era stata colpita dal dramma dell’Altopiano ed era stata vinta’).

- Altro spunto è come il sangue assurga a simbolo importante. L’esposizione del sangue sulla camicia del fratello ucciso di Gjorg, che ricorda la necessità della vendetta. Mi richiama l’esposizione del lenzuolo macchiato di sangue della prima notte di nozze, a testimonianza dell’onore dello sposo (garantito dalla verginità della sposa). E il sangue che accompagna la vita (nascita, sangue mestruale), ma anche la morte nelle società patriarcali viene utilizzato simbolicamente per dire altro.

shara ponti

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