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2025-06-10 L'anno del pensiero magico di Joan Didion

 

·       Il tempo è la scuola dove impariamo/il tempo è il fuoco nel quale bruciamo (Delmore Schwartz)

·       Lei si libera dal senso di colpa leggendo i rapporti medici. Contrasto tra la ragione e le viscere che le mandano messaggi diversi.

·       Ho visto questo libro come un susseguirsi di stati d’animo, descritti con estrema precisione.

·       Leggendo questo libro già sapevo di cosa parlava: però la cosa mi intrigava.

·       Anche io ho avuto un approccio difficile, perché ho vissuto il mio anno di pensiero magico e pensavo: io sono stata più brava di lei!

·       La scrittrice è brava e scrive molto bene: però io avrei scritto delle cose più strazianti ancora.

·       La sua scrittura chirurgica da giornalista mi ha colpito: un approccio pieno di informazioni e di dati. Scavare dentro di se genera una trama e la trama è la malattia.

·       Penso che non sia facile scrivere un libro come questo, sopratutto perché si immerge nel dolore. Il che vuol dire anche autocommiserarsi. Lo scorrere del tempo – il Pensiero Magico – basta un gesto, un episodio perché tutto possa tornare come prima. Mi ricordo in particolare la sostituzione delle luci nell’albero di Natale. In ultimo il riferimento alla Geologia: cambiamenti che diventano assestamenti,

·       Di questo libro ho appena letto, sbagliando, la versione teatrale. Avendo avuto anche io il mio anno di Pensiero Magico l’ho trovato scioccante. Mi ha rimosso dentro cose che stavano lì. Il lutto è un argomento talmente intimo che è difficile da affrontare.

·       Un libro sull’invisibilità, sul rifiuto: lei parla di quello che le è successo, il linguaggio è il ritiro delle parole.

·       Il dolore sotto moltissimi aspetti fa bene. Quando stai in questo modo di merda, sei felice. Non l’ho compreso fino in fondo perché di libri più belli sul dolore ne ho trovati tanti: Pascoli per esempio.

·       Non ho trovato nessun insegnamento in questo libro e non ho voluto che mi entrasse in profondità. E ho percepito un senso di estremo fastidio per tutte quelle case dove si dipana la vita dell’autrice.

·       Dopo le prime venti pagine pensavo: perché rivivere un incubo? Qui è la mi sono poi arrivati degli spunti di lettura: una banalizzazione del dolore che ho trovato inaccettabile. A me non mi è sembrato alla fine un libro che ti possa dare degli aiuti.

·       Non amo molto questo genere di Letteratura, altrimenti definita come Autofiction. Ma per questo ho fatto un’eccezione, leggendolo tutto in un fiato, attirato dalla sua scrittura poetica. Anche se le pagine dove parlava di bollettini medici e diagnosi delle malattie le ho saltate correndo verso le parole successive. Al di là di tutto mi ha colpito quando Joan Didion parla del suo rapporto con il mondo del cinema, qualcosa che oggi non c’è quasi più.

 

 

 

 

 

 

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