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2021-05-03 Il Duello di Joseph Conrad

 

JOSEPH CONRAD

Nasce nel 1857 in Polonia (attuale Ucraina), muore nel 1924 per un attacco di cuore. Nel mondo attorno a lui, tra la seconda metà del’800 e la prima del 900, si scontrano l’imperialismo della spartizione di Asia e Africa e i nuovi ideali socialisti, riformisti e rivoluzionari.

Esiliato in Russia con la famiglia nel 1861, a 11 anni resta orfano e viene educato a Cracovia da uno zio. Per non fare il militare in Russia, si reca a Marsiglia come apprendista marinaio, conoscendo così persone in fuga e trafficanti, le cui vite saranno spunto per i suoi romanzi.

Nel 1868 salpa su una nave inglese per l’Australia. Vuole diventare capitano di lungo corso, per questo studia la lingua e prende la cittadinanza inglese. A 33 anni è in Africa per sostituire un capitano morto, è testimone della colonizzazione di queste terre dove si ammala, nel corpo e nella mente.

Dal 1895, dopo aver ereditato dallo zio, si dedica unicamente alla scrittura.

 

IL DUELLO (I DUELLANTI)

Il duello non appartiene più al nostro mondo, ma dietro a un quadro sociale estremamente moderno, le disuguaglianze sociali si riproducono ancora oggi. Il protagonista è fine gentile cavalleresco, lo sfidante rozzo volgare istintivo, ma conosce in modo istintivo il suo posto nel mondo del primo.

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Libro perfetto, grande piacere nella rilettura, accompagnata dalle immagini del film di Ridley Scott. Racconta la lotta di classe e l’aspirazione all’ascesa sociale in epoca napoleonica con le vicende di Féraud, figlio di fabbro sulle orme dell’aristocratico antagonista D’Hubert. Féraud parte con l’handicap ma segue il rivale con valore.

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Libro molto moderno e piacevole da leggere, racconta di due artisti folli che si chiamano fuori dalle regole in una società poco nobile a cui non importa se i suoi soldati muoiono. Il mistero sulla loro necessità di duellare, in un’epoca in cui i duelli sono già illegali, li rende popolari.

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Un gioiellino, con un esordio stupefacente. Sorprendente come una guerra lunga 15 anni faccia solo da sfondo alla vicenda dei due protagonisti, che racconta il conflitto di classe con contrasti fortissimi. Vince la restaurazione, ma è la lotta di un uomo con se stesso (razionalità/istinto) per raggiungere la consapevolezza.

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Ho apprezzato lo scorcio di storia sullo sfondo della vicenda dei due protagonisti, ho trovato difficile da seguire la lotta tra i due originata da un motivo banale. Mi è piaciuto il finale, D’Hubert ha nelle sue mani la vita dell’avversario, ma lo mantiene in vita e scopre l’amore della ragazza solo all’ultimo duello.

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Mi è piaciuta l’architettura del racconto, gradevole da leggere in inglese con il testo a fronte, architettura non artificiosa, fluida, naturale. Mi piace come l’autore prepara gli antefatti, una storia di opposti, la storia di un’epoca, l’assurdità dei conflitti umani. A proposito: c’è un vincitore secondo voi? Chi è vinto? O sono entrambi vincitori ed entrambi vinti?

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La tenzone va avanti senza vincitori né vinti. Grande arte narrativa, assoluta, Conrad scrive in una lingua non nativa. Passione per la guerra, descrive una pace dove si puliscono sciabole e fucili. Ineluttabilità della tenzone, il duello innanzi tutto, D’Hubert subisce ma ha rimpianto per la spezia che insaporisce. Aspetto comico e clangore delle armi.

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Attenzione concentrata sulla differenza tra i due personaggi, D’Hubert vincitore, infine in pace con sé stesso, non faceva trapelare la difficoltà dell’amore, ma solo grazie a Féraud ha trovato la donna da amare. Mette invece tristezza l’esilio di Féraud.

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Il duello mi ha deluso ma forse perché non ho trovato il Conrad di Tifone e Cuore di tenebra che conoscevo e amavo. Il conflitto tra rivoluzione e restaurazione è la lettura più comune, per me personalità e psicologia dei duellanti (preferisco questo titolo) sono il centro del racconto, a volte caricaturale e grottesco.

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Il racconto mi è parso un trattato psicoanalitico sulla dipendenza reciproca. I due protagonisti mi hanno fatto pensare a due fratelli, D’Hubert il primogenito che fa una scelta esistenziale e trova un senso alla vita nello sposarsi. Nel complesso interessante ed ironico, non sempre mi ha convinta.

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La scelta finale di D’Hubert, nel risparmiare la vita e corrispondere segretamente una pensione all’esiliato Féraud, mi ha fatto pensare a questa frase terribile di Fleur Jaeggy: Esiste, nell’aiutare gli altri, una vaga passione omicida che è difficile contenere in un sentimento meno sanguinario.

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