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2021-03-29 La bella estate di Cesare Pavese

CESARE PAVESE

Nasce nel 1908 a Santo Stefano Belbo (CN), da una famiglia di Torino. Frequenta il liceo Classico, si laurea in Lettere nel 1930. È degli anni dell’Università l’inizio della passione per la letteratura americana e la sua conoscenza con gli intellettuali Ginzburg Mila e Bobbio. Traduttore di molti classici, inizia la sua collaborazione con Einaudi, in cui entrerà nel 1934 all’arresto di Ginzburg. Arrestato a sua volta nel 1935, andrà in confino a Brancaleone Calabro. Al suo ritorno dal confino la prima grande delusione d’amore, la sua fidanzata va sposa ad un altro. Nel tempo, continua la sua collaborazione con Einaudi di cui fonda la filiale romana e collezione viola, la prima in Italia che si occupa di studi religiosi, etnologici e psicologici.

Tra i suoi libri, in ordine sparso, ricordiamo: Dialoghi con Leucò, Il compagno, La casa in collina, La luna e i falò, Notte di festa. Tra i libri di poesia, Lavorare stanca. Infine, il diario, uscito postumo, Il mestiere di vivere.

LA BELLA ESTATE

È un racconto scorrevole, sono stata trascinata volentieri nella volontà di Ginia di affrontare la nuova vita. Si sente fremere un grande desiderio, l’ansia di Ginia fa tenerezza, con tutte le sue titubanze e le disillusioni. Libro in cui si sentono le emozioni, scrittura lenta e dettagliata ma che va via veloce.

Ho letto il libro con lo sguardo appuntato sul significato, che a me pare il racconto del destino delle persone che passano dalla giovinezza all’età adulta attraverso un trauma che le segna. Ginia si lascia sedurre, pertanto si tratta di una vicenda non di sviluppo ma di passaggio dall’innocenza al peccato.

Il libro tratta dei sentimenti della ragazza, sì, ma ci vedo disprezzo di classe, come se l’autore non se ne accorgesse nemmeno. Entra in un ambiente che lei pensa raffinato, superiore, ma ne viene delusa e respinta, andando incontro al suo inevitabile destino.

Ci ho trovato tutto Pavese, ma non quell’autore che conoscevo da giovane, bensì la freddezza di un passaggio all’età adulta che è ingresso alla solitudine. Il tiolo originale – La tenda – fa riferimento alla divisione tra aspettativa e dopo, al dualismo tra ritrosia e timore. Nostalgia dell’infanzia

Pavese scrive benissimo, linguaggio immaginifico e profondo. Pavese partigiano? Neorealista? No, per me vicino a Moravia e agli esistenzialisti. Il sesso è peccato, le donne si esibiscono, gli uomini stanno dietro le tende. Racconta anche della società dei consumi, ad esempio il cappellino indossato per differenziarsi.

Libro che negli anni ’50 ha destato scalpore, tematiche fino ad allora non trattate. Ragazza ingenua che si sente adulta perché lavora e si occupa del fratello, trova sciocche le compagne e per essere accettata si lascia sedurre dal pittore di cui si è innamorata e che non la ricambia. Fa ciò che le sembra sbagliato e ne piange.

Scrittura lineare che scorre bene, è la storia di grande solitudine di una ragazza ingenua, solitudine che appartiene anche alla bio dello scrittore. Pavese scrittore non solo di natura campagna e guerra, ma anche amori prostituzione sessualità. Delusione di Ginia nello scoprire che il pittore amato è un contadino.

Storia di una verginità che si difende dall’illusione alla disillusione, la bella estate non è bella, la storia si svolge in inverno. Senso di tristezza e amarezza, in Pavese scrittore ma soprattutto uomo il disprezzo/distacco dai suoi personaggi è visione quasi cinica, nessuna empatia. Scrittura scorrevole.

Pavese è scrittore dei miei tempi, allora leggendo La casa in collina e La luna e i falò mi avevano entusiasmato e non avevo percepito tristezza malinconia disillusione. Essere un intellettuale che tratta di città/campagna, bene/male, contadini/borghesi non può compensare l’infelicità che lo pervade.

Autore amato al liceo, ha il merito di aver portato in Italia la letteratura americana ed è stato innovatore in poesia. La bella estate però non mi è piaciuto, narra di Ginia adolescente che desidera essere migliore e su di lei viene fatta violenza. Disprezzo intellettuale di Pavese per le donne che non capisce.

Racconto molto triste che non lascia spazio a nessuna gioia e nessuna leggerezza, contrasto tra titolo e incipit (La bella estate, la festa) e la narrazione piena di sofferenze e disillusione. Tematiche e sensibilità di Pavese, autore quasi mito nell’adolescenza, non mi rispecchiano più.

Linguaggio scarno ed essenziale di un intellettuale che ci ha avvicinato alla letteratura americana e rifuggiva l’eleganza.  Racconto anacronistico della perdita della verginità di Ginia che era molto critica nei confronti delle compagne che andavano nei prati. Fascino per il mondo della bohème.

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