KENT HARUF
Nasce a Pueblo il 24 febbraio 1943, figlio
di un pastore metodista e di un'insegnante, compie i suoi studi all'Università
Nebraska Wesleyan. Le sue esperienze formative e lavorative, in particolare
nella prima parte della sua vita, sono tra le più varie e diverse tra loro e
contribuiranno a costruire quel substrato di conoscenze e sensibilità umane
profonde che contraddistinguono la sua opera. Giovanissimo entra nel Corpo di
Pace e va in Turchia a insegnare inglese ai bambini, obiettore di coscienza,
rifiuta di andare in Vietnam e in sostituzione del servizio militare, svolge
attività riabilitative e educative in ospedale e in un orfanotrofio. Lavora
come bracciante agricolo, commesso di negozio, maestro, bidello nella scuola di
scrittura creativa dello Iowa dove in prima battuta non viene ammesso. La sua
attività letteraria inizia presto ma per parecchio tempo non viene
riconosciuta. Nel 1982, mentre svolge la professione di insegnante di inglese
nella stessa università dove ha studiato, pubblica un racconto, più tardi
pubblicherà racconti e due romanzi “Vincoli” e “La strada di casa” senza
suscitare eco fino al 1999 quando, a 56 anni, con il romanzo (che fa parte
della trilogia) “Canto della pianura” otterrà un certo riconoscimento, almeno negli
ambienti letterari. Seguiranno “Crepuscolo” e “Le nostre anime di notte”,
quest'ultimo uscito prima della sua morte, avvenuta a Salida il 30 novembre del
2014. In Italia le sue opere sono state pubblicate da NNE editore.
BENEDIZIONE
Haruf è un autore che mi piace molto, sa
raccontare benissimo questa America della profonda provincia, mi ricorda le
opere di Richard Ford o quelle di Elisabeth Strout. Interessante, il suo stile
minimalista, i suoi personaggi, ben disegnati sotto il profilo psicologico anche
nelle loro relazioni con gli altri. In una comunità che spesso rigetta e
stigmatizza i comportamenti fuori dal coro come quello del reverendo Lyle,
Haruf riesce a calare il lettore nel cuore dell'ambiente senza trasmettere
astio alcuno, la sua critica non è mai violenta, e cerca di capire sempre le
ragioni di ogni personaggio, positivo o negativo che sia. Il ritratto che
emerge di questa America è certo triste, malinconico, ma sempre affettuoso.
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All'inizio mi sentivo delusa, mi pareva di
avere davanti una cronaca piatta, lenta, poi ho iniziato ad amare questo
romanzo, ad apprezzarlo, in particolare il finale mi ha molto emozionato con la
morte del protagonista Dad che fa da contrappunto ad altre morti, come quella
della bambina di Lorraine, e quella del commesso suicida. Ma anche se si parla
di morte Haruf ci dice che la vita continua sempre, non ero propensa, data la
mia età, ad affrontare questo libro con questo tema al centro, con il suo
racconto di una morte che sta per compiersi, ma alla fine l'ho molto
apprezzato.
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Non conoscevo Haruf ed è stata una bella
scoperta. Racconta storie di vite normali con una sapienza che ti tiene
incollato alla pagina come se stessi leggendo un romanzo giallo. Sono vite
normali sì, ma trattate con grande profondità. Mi ha ricordato la prosa di
Carver, dove si trovano poche descrizioni e tanti dialoghi. Bellissima la
figura della moglie di Dad. Mi è piaciuta la trovata del nome “Dad” che evoca
una relazione di tenerezza, affettuosità. La non accettazione del figlio gay
affronta una tematica molto interessante. E il reverendo Lyle mi ricorda il
personaggio di Stoner con il loro coraggio a sostenere la propria diversità di
pensiero e la loro impossibilità di reagire e contrastare il “coro”, al punto
che vanno incontro alla debacle e diventano vittime.
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Mi è piaciuto molto questo romanzo e ho
già iniziato un altro libro dell'autore. Mi è piaciuto molto il suo modo scarno
di scrivere, l'assenza di punteggiatura. Haruf rappresenta la vita nelle sue
infinite sfaccettature fino al suo epilogo, la morte, sullo sfondo c'è la
provincia americana, molto arretrata con le persone che conducono una vita ai
minimi termini. Il protagonista è un uomo consapevole che fa i conti con la sua
vita passata, ha il cruccio di non aver accettato il figlio gay, un
comportamento che è parte integrante della cultura del suo ambiente. Vive dei
rimpianti: la relazione con i genitori, lasciati per cercare la sua strada,
quella con il figlio osteggiato, non accettato da lui, che ha provocato la sua
fuga da casa, la morte suicida del commesso, tutti ce li ha sulla coscienza. La
bimba grondante sofferenza per la morte della madre catalizza le attenzioni
degli adulti che così facendo attivano una rete di solidarietà che li porta a
riscattarsi. Bellissima la figura della moglie di Dad.
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È la prima volta che partecipo a questo
gruppo di lettura e ringrazio per l'opportunità che mi è stata data e per
l'accoglienza. Sono molto colpita da questo autore che ho conosciuto leggendo
per primo il suo romanzo “Canto della pianura” di cui ho apprezzato molto le
figure dei fratelli Mac Pheron. La lettura di questi libri mi ha stimolato, tra
l'altro, a fare un viaggio per vedere di persona i luoghi di cui racconta
Haruf.
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Avevo già letto alcuni libri di Haruf, sono
partita con una certa diffidenza e con qualche dubbio, poi, a poco a poco mi
sono appassionata perché Haruf affronta con efficacia e profondità temi
fondamentali, facendo parlare i personaggi e le loro problematiche. Descritto
benissimo con toni e tratti delicati l'avvicinamento alla morte, mi ha preso
tantissimo. Tutti i personaggi mi sono piaciuti, come quello di Dad, una figura
a tutto tondo, con tutti i suoi conti da chiudere e sistemare, i suoi tormenti:
è come se scontasse (a nome di tutti) l'ottusità del suo ambiente. E poi la sua
scrittura: molto bella la naturalezza del suo linguaggio, l'assenza di
punteggiatura che fa sì che il discorso sembra non finire mai, non c'è
interruzione tra narrazione e dialogo. Infine, il paesaggio, la natura di questi
luoghi così ben espressi e disegnati con poche parole.
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Mi è piaciuto molto, la sua brevità mi è
piaciuta, anche perché ultimamente aborro i libri grandi mattoni. Questo
romanzo è denso, malinconico ma importantissimo. E la cittadina Holt racconta
dell'universo intero. Piaciuta la scelta dell'assenza delle virgolette
nel discorso parlato, tutto fa sì che sia il racconto a parlarci. Nei romanzi
di Haruf c'è la realtà, tutti i personaggi hanno diritto di parola. Bello
quello di Dad che nell'ultima agonia passa da un ricordo all'altro e le zavorre
che scivolano via a una a una e pare che sulla sua morte discenda la
benedizione. La verità e la pienezza delle cose sono raccontate con pudore.
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Mi è piaciuto per la delicatezza, per la
grande introspezione che emerge dai ricordi e anche dagli incubi. I dialoghi
rivelano la sofferenza e il tormento interiore dei personaggi.
È una bella scoperta questo libro e il suo
autore. I personaggi vengono ben descritti nei dialoghi, con poche pennellate
emergono i loro caratteri. L'ambiente: la solidarietà tra donne, senza tante
parole, e l'aiuto che arriva quando c'è bisogno. La morte di Dad, il percorso
che va fino alla sua morte è descritto con parole verissime, reali, io ne ho
avuto esperienza, l'ho visto succedere. Interessante anche la figura del
pastore Lyle che crea scandalo nella comunità: situazione molto reale e vera,
mi ricorda un fatto abbastanza recente accaduto in un paese della nostra
provincia.
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Questo libro mi ha toccato perché
rispecchia la situazione vera di un luogo che conosco e che ho abitato, sono
americana della provincia e so come si vive lì. Il tocco di Haruf è ricco di
arte, anche se di primo acchito ti viene da dire “potrei scriverlo anch'io un
libro così”, ma poi cogli il suo tocco artistico. È bravissimo a rappresentare
questa parte dell'America così profonda.
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Sono una fan di Haruf e penso che
Benedizione sia un piccolo capolavoro sotto ogni aspetto: personaggi, ambiente,
storia. La morte di Dad è il fulcro del romanzo ma intorno a lui ci sono tanti
personaggi i cittadini di Holt con le loro vite, un microcosmo in cui le
persone vivono vite semplici, ordinarie, vite che sembrano tranquille ma dietro
le quali ci sono dolori, segreti, patimenti.. L'assenza di punteggiatura nel
dialogo è funzionale a rendere il flusso continuo dei pensieri. Si vedono molti
collegamenti a scrittori, ma a me leggendo Haruf viene in mente soprattutto il
pittore Hopper e i suoi dipinti su tanti luoghi della provincia americana.
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Rispetto ad altri libri di Haruf lo stile
di Benedizione appare ancora più scarno ed essenziale e molto efficace. Il
sentimento che pervade il libro è di malinconia, dolore, infelicità. L'ho
accostato ai romanzi di E. Strout, a Olive Kitteridge in particolare, tanto che
a ogni pagina mi aspettavo di incontrare qualcuno dei suoi personaggi.
L'osservazione che dal libro emerge che le donne sono migliori dell'uomo la
condivido pienamente, in particolare pensando al personaggio di Mary. Molto
emozionante anche la relazione tra Dad e Frank, è una situazione molto reale. I
due sogni finali che fa Dad, sono rilevanti, soprattutto l'ultimo in cui sembra
conciliarsi con Frank.
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Interessanti i flashback del passato, la
scansione che viene fatta nel romanzo mi fa venire in mente il ritmo delle serie
televisive a episodi.
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Tra l'altro mi ha colpito molto la
relazione uomini/donne. Nel romanzo la donna è ritratta spesso all'interno di
un gruppo, gli uomini appaiono sempre singoli, soli, da Dad al rev. Lyle. Anche
interessante il richiamo alla realtà, ma io nel romanzo sento anche molta
idealità.
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