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2020-11-09 Benedizione di Kent Haruf

 KENT HARUF

Nasce a Pueblo il 24 febbraio 1943, figlio di un pastore metodista e di un'insegnante, compie i suoi studi all'Università Nebraska Wesleyan. Le sue esperienze formative e lavorative, in particolare nella prima parte della sua vita, sono tra le più varie e diverse tra loro e contribuiranno a costruire quel substrato di conoscenze e sensibilità umane profonde che contraddistinguono la sua opera. Giovanissimo entra nel Corpo di Pace e va in Turchia a insegnare inglese ai bambini, obiettore di coscienza, rifiuta di andare in Vietnam e in sostituzione del servizio militare, svolge attività riabilitative e educative in ospedale e in un orfanotrofio. Lavora come bracciante agricolo, commesso di negozio, maestro, bidello nella scuola di scrittura creativa dello Iowa dove in prima battuta non viene ammesso. La sua attività letteraria inizia presto ma per parecchio tempo non viene riconosciuta. Nel 1982, mentre svolge la professione di insegnante di inglese nella stessa università dove ha studiato, pubblica un racconto, più tardi pubblicherà racconti e due romanzi “Vincoli” e “La strada di casa” senza suscitare eco fino al 1999 quando, a 56 anni, con il romanzo (che fa parte della trilogia) “Canto della pianura” otterrà un certo riconoscimento, almeno negli ambienti letterari. Seguiranno “Crepuscolo” e “Le nostre anime di notte”, quest'ultimo uscito prima della sua morte, avvenuta a Salida il 30 novembre del 2014. In Italia le sue opere sono state pubblicate da NNE editore.

 

BENEDIZIONE

Haruf è un autore che mi piace molto, sa raccontare benissimo questa America della profonda provincia, mi ricorda le opere di Richard Ford o quelle di Elisabeth Strout. Interessante, il suo stile minimalista, i suoi personaggi, ben disegnati sotto il profilo psicologico anche nelle loro relazioni con gli altri. In una comunità che spesso rigetta e stigmatizza i comportamenti fuori dal coro come quello del reverendo Lyle, Haruf riesce a calare il lettore nel cuore dell'ambiente senza trasmettere astio alcuno, la sua critica non è mai violenta, e cerca di capire sempre le ragioni di ogni personaggio, positivo o negativo che sia. Il ritratto che emerge di questa America è certo triste, malinconico, ma sempre affettuoso.

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All'inizio mi sentivo delusa, mi pareva di avere davanti una cronaca piatta, lenta, poi ho iniziato ad amare questo romanzo, ad apprezzarlo, in particolare il finale mi ha molto emozionato con la morte del protagonista Dad che fa da contrappunto ad altre morti, come quella della bambina di Lorraine, e quella del commesso suicida. Ma anche se si parla di morte Haruf ci dice che la vita continua sempre, non ero propensa, data la mia età, ad affrontare questo libro con questo tema al centro, con il suo racconto di una morte che sta per compiersi, ma alla fine l'ho molto apprezzato.

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Non conoscevo Haruf ed è stata una bella scoperta. Racconta storie di vite normali con una sapienza che ti tiene incollato alla pagina come se stessi leggendo un romanzo giallo. Sono vite normali sì, ma trattate con grande profondità. Mi ha ricordato la prosa di Carver, dove si trovano poche descrizioni e tanti dialoghi. Bellissima la figura della moglie di Dad. Mi è piaciuta la trovata del nome “Dad” che evoca una relazione di tenerezza, affettuosità. La non accettazione del figlio gay affronta una tematica molto interessante. E il reverendo Lyle mi ricorda il personaggio di Stoner con il loro coraggio a sostenere la propria diversità di pensiero e la loro impossibilità di reagire e contrastare il “coro”, al punto che vanno incontro alla debacle e diventano vittime.

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Mi è piaciuto molto questo romanzo e ho già iniziato un altro libro dell'autore. Mi è piaciuto molto il suo modo scarno di scrivere, l'assenza di punteggiatura. Haruf rappresenta la vita nelle sue infinite sfaccettature fino al suo epilogo, la morte, sullo sfondo c'è la provincia americana, molto arretrata con le persone che conducono una vita ai minimi termini. Il protagonista è un uomo consapevole che fa i conti con la sua vita passata, ha il cruccio di non aver accettato il figlio gay, un comportamento che è parte integrante della cultura del suo ambiente. Vive dei rimpianti: la relazione con i genitori, lasciati per cercare la sua strada, quella con il figlio osteggiato, non accettato da lui, che ha provocato la sua fuga da casa, la morte suicida del commesso, tutti ce li ha sulla coscienza. La bimba grondante sofferenza per la morte della madre catalizza le attenzioni degli adulti che così facendo attivano una rete di solidarietà che li porta a riscattarsi. Bellissima la figura della moglie di Dad.

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È la prima volta che partecipo a questo gruppo di lettura e ringrazio per l'opportunità che mi è stata data e per l'accoglienza. Sono molto colpita da questo autore che ho conosciuto leggendo per primo il suo romanzo “Canto della pianura” di cui ho apprezzato molto le figure dei fratelli Mac Pheron. La lettura di questi libri mi ha stimolato, tra l'altro, a fare un viaggio per vedere di persona i luoghi di cui racconta Haruf.

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Avevo già letto alcuni libri di Haruf, sono partita con una certa diffidenza e con qualche dubbio, poi, a poco a poco mi sono appassionata perché Haruf affronta con efficacia e profondità temi fondamentali, facendo parlare i personaggi e le loro problematiche. Descritto benissimo con toni e tratti delicati l'avvicinamento alla morte, mi ha preso tantissimo. Tutti i personaggi mi sono piaciuti, come quello di Dad, una figura a tutto tondo, con tutti i suoi conti da chiudere e sistemare, i suoi tormenti: è come se scontasse (a nome di tutti) l'ottusità del suo ambiente. E poi la sua scrittura: molto bella la naturalezza del suo linguaggio, l'assenza di punteggiatura che fa sì che il discorso sembra non finire mai, non c'è interruzione tra narrazione e dialogo. Infine, il paesaggio, la natura di questi luoghi così ben espressi e disegnati con poche parole.

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Mi è piaciuto molto, la sua brevità mi è piaciuta, anche perché ultimamente aborro i libri grandi mattoni. Questo romanzo è denso, malinconico ma importantissimo. E la cittadina Holt racconta dell'universo intero.  Piaciuta la scelta dell'assenza delle virgolette nel discorso parlato, tutto fa sì che sia il racconto a parlarci. Nei romanzi di Haruf c'è la realtà, tutti i personaggi hanno diritto di parola. Bello quello di Dad che nell'ultima agonia passa da un ricordo all'altro e le zavorre che scivolano via a una a una e pare che sulla sua morte discenda la benedizione. La verità e la pienezza delle cose sono raccontate con pudore.

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Mi è piaciuto per la delicatezza, per la grande introspezione che emerge dai ricordi e anche dagli incubi. I dialoghi rivelano la sofferenza e il tormento interiore dei personaggi.

È una bella scoperta questo libro e il suo autore. I personaggi vengono ben descritti nei dialoghi, con poche pennellate emergono i loro caratteri. L'ambiente: la solidarietà tra donne, senza tante parole, e l'aiuto che arriva quando c'è bisogno. La morte di Dad, il percorso che va fino alla sua morte è descritto con parole verissime, reali, io ne ho avuto esperienza, l'ho visto succedere. Interessante anche la figura del pastore Lyle che crea scandalo nella comunità: situazione molto reale e vera, mi ricorda un fatto abbastanza recente accaduto in un paese della nostra provincia.

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Questo libro mi ha toccato perché rispecchia la situazione vera di un luogo che conosco e che ho abitato, sono americana della provincia e so come si vive lì. Il tocco di Haruf è ricco di arte, anche se di primo acchito ti viene da dire “potrei scriverlo anch'io un libro così”, ma poi cogli il suo tocco artistico. È bravissimo a rappresentare questa parte dell'America così profonda.

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Sono una fan di Haruf e penso che Benedizione sia un piccolo capolavoro sotto ogni aspetto: personaggi, ambiente, storia. La morte di Dad è il fulcro del romanzo ma intorno a lui ci sono tanti personaggi i cittadini di Holt con le loro vite, un microcosmo in cui le persone vivono vite semplici, ordinarie, vite che sembrano tranquille ma dietro le quali ci sono dolori, segreti, patimenti.. L'assenza di punteggiatura nel dialogo è funzionale a rendere il flusso continuo dei pensieri. Si vedono molti collegamenti a scrittori, ma a me leggendo Haruf viene in mente soprattutto il pittore Hopper e i suoi dipinti su tanti luoghi della provincia americana.

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Rispetto ad altri libri di Haruf lo stile di Benedizione appare ancora più scarno ed essenziale e molto efficace. Il sentimento che pervade il libro è di malinconia, dolore, infelicità. L'ho accostato ai romanzi di E. Strout, a Olive Kitteridge in particolare, tanto che a ogni pagina mi aspettavo di incontrare qualcuno dei suoi personaggi. L'osservazione che dal libro emerge che le donne sono migliori dell'uomo la condivido pienamente, in particolare pensando al personaggio di Mary. Molto emozionante anche la relazione tra Dad e Frank, è una situazione molto reale. I due sogni finali che fa Dad, sono rilevanti, soprattutto l'ultimo in cui sembra conciliarsi con Frank.

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Interessanti i flashback del passato, la scansione che viene fatta nel romanzo mi fa venire in mente il ritmo delle serie televisive a episodi.

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Tra l'altro mi ha colpito molto la relazione uomini/donne. Nel romanzo la donna è ritratta spesso all'interno di un gruppo, gli uomini appaiono sempre singoli, soli, da Dad al rev. Lyle. Anche interessante il richiamo alla realtà, ma io nel romanzo sento anche molta idealità.

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