Cerca nel blog

2021-02-09 Scherzetto di Domenico Starnone

 DOMENICO STARNONE

Nasce il 15/2/43 a Saviano (NA), vive a RM.

Insegnante di professione e per passione, per molti anni insegna a Colleferro, dove sono ambientati alcuni dei film tratti dai suoi libri o dalle sue sceneggiature.

È sposato con Anita Raja, traduttrice, di cui molto hanno detto sia la scrittrice conosciuta con lo pseudonimo Elena Ferrante.

Scrive per quotidiani e riviste satiriche, tra i suoi lavori anche alcuni adattamenti teatrali.

Tra i suoi tanti libri ricordiamo:

2000 Denti (film di Salvatores)

2001 Via Gemito (premio Strega)

2016 Scherzetto


SCHERZETTO

Mi è piaciuto molto, si muove su più livelli senza perdere in gradevolezza. Anche se i temi sono corposi e impegnativi – la vecchiaia, il confrontarsi con il passato, i legami con la famiglia, la crisi domestica tra la figlia e il marito, il gioco d’azzardo del padre, il tradimento della moglie (scoperto dopo la morte di lei), ma soprattutto il riconciliarsi con se stessi – alla fine i nodi si sciolgono, i rapporti si riappacificano, come il rapporto tra la figlia e il marito, e il viaggio di ritorno da Napoli a Milano.

§§§

Non mi è piaciuto molto, i temi proposti sono rilevanti, è il punto di vista della vecchiaia di fronte alla realtà, il fisico che non è più lo stesso, e così il lavoro e il successo. Questa consapevolezza non è però accompagnata da una passione abbastanza forte. È un uomo che ha trascurato gli affetti – la moglie, la figlia – ma non avverto la sofferenza, e anche con il nipote è distaccato, non c’è affetto. Appare troppo orgoglioso per consentirsi di liberarsi definitivamente.

§§§

Il protagonista è una persona molto concentrata su se stessa, che non riesce ad uscire da sé. Il fatto che il nipotino disegni benissimo lo spizza completamente. Notevole l’episodio in cui la domestica gli suggerisce di dare uno schiaffo al bambino, il tono che lui sta usando per rimproverarlo è molto peggio! Interessante la metafora del restare chiuso fuori in balcone, tuttavia il capitolo risulta troppo lungo.

§§§

Trovo agghiacciante, malsano e assurdo il rapporto tra il nonno e il nipotino, anche se effettivamente il bambino è un piccolo mostro e ci si domanda se gli scherzetti diabolici che fa al nonno sono consapevoli oppure no (picchia il nonno con un giocattolo ma gli male sul serio, lo chiude in balcone). Ma il vero scherzetto è il talento straordinario del bambino, molto amaro.

§§§

Trovo reale il rapporto nonno/nipote, i bambini di oggi sono piccoli geni del male che usano l’intelligenza in maniera scorretta, e la responsabilità è in primo luogo dei genitori, in seconda battuta dei nonni.

§§§

Trovo molto interessante e teatrale il gioco crudele tra due che dovrebbero volersi bene e non hanno mai imparato a farlo.

§§§

Mi colpisce molto la conflittualità di questo nonno con il nipote e concordo sulla definizione di piccolo mostro per il bambino. Tuttavia, il nonno mi appare un grande mostro, e mi riporta alla mente un termine imparato nell’adolescenza, solipsista. Un uomo chiuso in sé che riconosce il talento del nipote ma non ne gioisce, perché la sua visione del mondo non concede spazio né alla gioia né alla speranza.

§§§

Il libro mi è piaciuto proprio le ragioni per cui non è piaciuto ad altri, la freddezza, il solipsismo. Racconta di un nonno anaffettivo che per senso di responsabilità – nonostante una recente malattia – si catapulta da Milano a Napoli per badare al nipotino in assenza dei suoi genitori.

È l’occasione per un bilancio, un’indagine spietata. Il talento per il disegno scoperto in adolescenza e che lo salva da un padre ludopatico non è stato mai riconosciuto dalla figlia e adesso neppure più dall’editore giovane che gli mette fretta nella consegna del lavoro.

Il finale positivo arriva forse un po’ troppo in fretta, la figlia e il genero tornano riappacificati e sono di nuovo una famiglia felice. Consegnando loro il disegno, il bambino dice che lo ha fatto il nonno, e viceversa.

La riflessione finale, di fronte alla morte incombente e alla verità del talento del bambino, nonostante una vita di convenzioni, è un bilancio bello e struggente.

§§§

Il protagonista si confronta con la morte, ma il compito richiestogli dalla figlia è ineludibile, nonostante l’incarico di lavoro. Credo che se anche avesse trovato un nipotino amoroso e senza difetti sarebbe stato in difficoltà. Il piccolo mostro saputello richiede costantemente attenzione anche se il nonno deve lavorare. Il ritorno della figlia è per lui una liberazione e nel finale il rapporto tra nonno e nipote trova comunque un equilibrio.

Questo libro narra di un vero e proprio dramma, la malinconia di fronte alla malattia, il dolore, la vecchiaia, la morte. Narra di un talento degnamente coltivato, ma ormai sfiorito. Della disillusione rispetto a situazioni felici all’interno della famiglia. Del matrimonio, dove oltre ad amore e affinità, ci sono anche tradimenti e delusioni.

In questo libro, come anche in Lacci e Confidenza è facile vedere un alter ego dell’autore, In labilità si parla di talento, non sempre riconoscibile o coltivato, ma anche di chi gioca sporco e riesce. Invito a leggere Via Gemito e altri titoli ancora.

Nessun commento:

Posta un commento