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2024-05-14 Il lupo della steppa di Hermann Hesse

  • Hesse, di salute psicologica e fisica malferma, era in profonda crisi esistenziale quando nel 1927 viene pubblicato Il lupo della steppa.
  • I presenti hanno trovato la scrittura talvolta pesante, esasperata, ermetica ma di indubbio fascino. Ha suscitato entusiasmi e pareri contrastanti; la pesantezza della guerra incombente si avverte tutta nei periodi lunghi, come pure viene sottolineata una generale nota pessimista. Hesse procede per astrazioni e sperimenta piani narrativi diversi che si intrecciano più volte e la sua narrazione riflette la sua condizione umana tormentata.
  • L’opera rappresenta una sorta di percorso onirico e psicoanalitico all’interno dell’inconscio di Harry Haller, alter ego dell’autore. C’è chi afferma che non sia un’opera di narrativa, un romanzo vero e proprio.
  • I Il libro è denso di riferimenti alle filosofie orientali come altri capolavori di Hesse.
  • Il Lupo della steppa è in grado di toccare delle corde profonde dell’anima sia che si affronti la sua lettura in giovane età, sia che si intenda accostarla ad un’età adulta perché abbraccia in toto la multiforme complessità dell’esperienza umana.
  • Nella prima parte dell’opera, Harry si aliena dalla sua patria opponendosi al bellicismo, al nazionalismo, alla corsa agli armamenti e allo scadere dei valori spirituali e culturali nella massificazione della borghesia. Si rifugia nel culto delle arti e del divino marcando un distacco da tutto e da tutti.
  • Anche Hesse era un’esteta di natura schiva e la sua formazione spirituale risente della famiglia di provenienza, molto osservante ma allo stesso tempo amava intrattenere una fitta corrispondenza con i suoi estimatori, ricercando un confronto con l’esterno.
  • Gli intervenuti trovano calzante la critica alla borghesia e di grande attualità il clima di guerra e di diffusione dei nazionalismi descritto, come pure condivisibile il pacifismo e l’umanesimo dell’autore.
  • Emerge da subito come tema fondamentale il contrasto tra le due parti dell’animo umano: l’uomo e il lupo. L’uno si nutre di spirito attraverso la preservazione dell’arte in cui si rifugia, l’altro, fatto di puro e selvaggio istinto mira alla soddisfazione dei piaceri.
  • Il rifiuto della società borghese di cui l’intellettuale è permeato, il conseguente senso di estraneità con la società che lo circonda, avvicina Harry ad un alienante isolamento: questo anacoreta arriva ad un passo dal suicidio. I presenti colgono pesantezza e pessimismo in queste pagine ma anche nostalgia di una società il cui mutamento è difficile da afferrare o contrastare.
  • Il disprezzo nichilista per la vita quotidiana fa pensare all’autore come ad un superuomo che guardi dall’alto il resto della società ma non ci sarebbe nietzschiana volontà di potenza.
  • A metà libro irrompe nel protagonista il desiderio di contrastare la solitudine grazie all’incontro di Erminia e Pablo: alla chiusura dal mondo si contrappone finalmente l’apertura ad esso all’insegna del piacere e della scoperta: ecco che il pessimismo subisce una battuta d’arresto e ci si apre al cambiamento.
  • Pablo invita Harry a visitare il suo teatro magico con tanti spettacoli quante sono le porte, ciascuna con un cartello, uno specchio gli mostra i tanti ed irriducibili volti di sé stesso. La parte del teatro magico rappresenta per Haller il riscatto sensoriale e sessuale, si notano le descrizioni leggere, l’assenza di compassione, viene definito psichedelico, onirico, cinematografico e addirittura rimandante a delle forme espressive tipiche dei videogame nell’episodio della caccia con la macchinina.
  • L’episodio delle figurine rappresentanti le varie sfaccettature della personalità rimanda alla disciplina junghiana della scomposizione dell’io e fa pensare anche alla mindfullness, ai tanti stati mentali da cui la psicologia di ognuno è attraversata.
  • La degenerazione dell’io si può accostare alla degenerazione della borghesia affrontata nella prima parte del libro e tutte le parti in cui l’io è scomposto, sono irriducibili.
  • Herminia rappresenta la parte femminile di sé che Haller riesce ad accettare con l’aiuto di Pablo ed è anche una guida spirituale che lo converte al piacere, lo provoca, lo smonta e lo completa.
  • Ma proprio quando la capacità di amare del protagonista si rinnova, preda di uno stato allucinatorio, uccide la sua ombra. Questo passaggio oscuro e spiazzante viene rischiarato dalla discussione finale: nell’uccidere Herminia, infatti, realizzerebbe il desiderio espresso dalla stessa e ritornerebbe a sé stesso con una nuova consapevolezza.
  • Nel finale Haller ottiene una lezione di leggerezza niente meno che da Mozart e da Goethe che lo invitano alla sdrammatizzazione e alla comprensione dell’umorismo tragicomico di cui è costituita la realtà: la vita sarebbe un mistero solo tragico senza il riscatto ottenuto con il sarcasmo e l’ironia fanno notare i presenti.

 

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