MARY SHELLEY
Nata a Londra nel 1797 da
Mary Wollstonecraft e William Godwin. La madre, considerata la fondatrice del
femminismo liberale, morirà pochi giorni dopo il parto. Il padre, filosofo e
politico, si risposerà presto ma il rapporto tra Mary e la matrigna sarà sempre
difficile. Il padre è amico del poeta Percy Shelley che lo aiuta dal punto di
vista finanziaro e frequenta casa Godwin con la moglie. A soli 15 anni Mary
Shelly si innamora di Percy ed assieme alla sorellastra di lei fuggono in
Francia suscitando la disapprovazione del padre. I tre viaggeranno per tutta l’Europa
ed è durante uno di questi viaggi in Svizzera che nasce il primo abbozzo della
storia di Frankenstein, pubblicata in forma anonima nel 1818. Mary, Percy
Shelley, Lord Byron ed alcuni amici soggiornano in una villa sul lago di Ginevra
e durante le serate di pioggia a turno inventano storie di fantasmi. La storia che
Mary scriverà per gli amici in quell’occasione è proprio Frankenstein. La vita di Mary Shelley è travagliata e
costellata di lutti. Perde la prima figlia avuta da Percy Shelley, non ancora
suo marito, che nello stesso periodo ha anche un figlio dalla moglie. Successivamente
Mary e Percy avranno altri tre figli, ma solo uno arriverà all’età adulta. La moglie
di Percy morirà suicida quindi Mary e Percy potranno sposarsi. Morirà suicida anche
la sorellastra di Mary, Fanny. Mary e Percy viaggeranno molto anche in Italia, inseguiti
dai creditori, fermandosi infine a Lerici nella famosa Villa Magni dove vivranno
abbracciando la filosofia dell’amore libero. Nel 1822 Percy muore durante un
naufragio a Viareggio. A causa della peste che diliagava in quell’epoca il
corpo non viene sepolto bensì cremato. Mary conserverà le ceneri del cuore di
Percy. Un anno dopo la morte del marito Mary torna in Inghilterra con il figlio,
dove si dedicherà alla scrittura e alla pubblicazione delle poesie di Percy. Mary
Shelley muore nel 1851 ed è ora sepolta a Bournemouth.
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FRANKENSTEIN,
OVVERO IL MODERNO PROMETEO
Percy Shelley è un poeta molto
noto, non Mary Shelley: lei quasi sconosciuta! Grazie al gruppo ho avuto modo
di leggere questo libro così antico e un po’ faticoso, ma ricco di spunti. Amo
fantascienza, non il genere horror, e l’ho trovato piuttosto pesante. Ginevra,
il Monte Bianco, l’Inghilterra, la Scozia sono raccontati molto bene. La
creatura esce orrenda fisicamente e terribilmente semplificata dal punto di
vista morale. Così brutta che neppure il suo creatore riesce ad affezionarsi,
la creatura si attacca a una famiglia, e con l’ottimismo dell’epoca, le basta
poco per imparare a leggere e a parlare. L’autrice lascia intendere che l’odio
che lui – la creatura – riceve, lo spinge ad odiare ma è molto semplicistico.
La creatura sa sempre dove è il suo creatore, riesce sempre a vendicarsi di
qualcosa: uccide il fratellino, l’amico, la moglie la notte delle nozze.
Creatura e creatore si ritrovano sui ghiacci di una spedizione. Victor, il
creatore, è moribondo, la vendetta non è più necessaria, la creatura scompare
trai ghiacci. Sono esterrefatta: grandi speranze, grandi aperture, romanzo
gotico e terrificante. L’angoscia deriva dall’ottimismo della scienza, dove
potrà portare? Sono stupita del seguito che il romanzo ha ricevuto.
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Non ho provato angoscia nel
leggere il libro, ma tanta pena! Buon selvaggio, Edipo, paura del diverso e
ambizione all’onnipotenza dell’uomo sono temi importanti. Mi colpisce
moltissimo la figura dell’autrice che scrive a 18 anni. Sa di filosofia, di
psicologia, nonostante la madre muoia quando lei ha solo 10 gg. È una donna
libera grazie al padre. Nel romanzo ci sono due vittime, il mostro e il suo
creatore, Victor, vittima della sua ambizione.
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Lettura molto interessante,
lontana dal solito, clima concitato e febbrile, romanticismo byroniano, un po’
datato, gotico. Victor, il protagonista, a mio avviso corrisponde a Mary,
l’autrice. La sua vita è infelice, tante tragedie la influenzano, prima tra
tutte la morte della madre a pochi giorni dalla sua nascita. Il romanzo è una
parodia della nascita. C’è interesse scientifico, ma anche e soprattutto
dolore. Questo essere che nasce buono e che l’odio fa diventare cattivo. Quando
il suo creatore muore, la creatura vuole morire con lui! Dolore forte della
vita nel personaggio e interesse scientifico sono i temi di questo romanzo che
ha una fama che va al di là della fama dell’autrice.
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No ho provato ansia o
terrore, ho letto Frankenstein con interesse come viaggio in un’epoca che si
dipana nel libro attraverso paesaggi, viaggi, scoperte. Questa donna così
giovane che scrive stupisce davvero. Quella di Mary è una borghesia ricca che
si concede viaggi e soggiorni, sono pionieri che prendono e partono. Tra le
componenti che vivono ancora oggi certamente c’è il femminismo, il coraggio di
scrivere, anche il personaggio dell’araba. E noi oggi parliamo di quote rosa!
Stupisce questo sentimento così aperto e la libertà di parlarne. C’è relazione
con modernità e tecnologia, l’uomo può fare qualsiasi cosa ma viene castigato
perché la natura si ribella. Romanzo di nuove invenzioni e tanti spunti, con
stile descrittivo, molto semplice, forma epistolare innestata più volte. C’è
anche il fattore psicologico, lei che si rivede nel mostro. La mia simpatia non
va tanto a Victor ma al mostro! Autrice donna e giovane, grande capacità
espressiva e documento storico.
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Mi colpisce la vicenda
familiare dell’autrice, ancora più del libro, scritto a soli 18 anni, quasi
fosse preveggente delle future sventure. Il libro è una favola nera, costruito
come le scatole cinesi, tre storie in una (l’esploratore Walton, il creatore
Frankenstein, la creatura senza nome), più altre vicende minori. La frase
chiave del libro a mio avviso è pronunciata dal mostro, quando dice ‘Ero buono:
la miseria ha fatto di me un demone. Rendimi felice, e io sarò di nuovo
virtuoso’, pertanto non l’odio lo rende infelice, ma il rifiuto e l’abbandono.
Importante anche il tema dell’amicizia, Walton l’esploratore trova un amico in
Frankenstein il creatore, e lo ascolta quando in punto di morte lo supplica di
non mettere a repentaglio la vita di altri uomini e di tornare quando la
spedizione si fa troppo pericolosa. Questo romanzo è il racconto di quel
ritorno, della rinuncia all’ambizione dell’onnipotenza. Frankenstein muore per
gli stessi peccati della sua creatura, l’orgoglio innanzitutto, e poi il
rimorso. Soffre, indicibilmente soffre, ma anche la creatura soffre e muore (si
suicida/si perde) perché alla morte del suo creatore, non potendo più
vendicarsi, non ha più uno scopo nella vita.
Resta Walton a raccontarci le loro vicende.
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Nella discussione emergono
infine altri temi importanti, quali il valore della confessione, la richiesta
di aiuto, il mito di Prometeo.
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