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2021-09-13 Frankenstein, o il moderno Prometeo di Mary Shelley

MARY SHELLEY

Nata a Londra nel 1797 da Mary Wollstonecraft e William Godwin. La madre, considerata la fondatrice del femminismo liberale, morirà pochi giorni dopo il parto. Il padre, filosofo e politico, si risposerà presto ma il rapporto tra Mary e la matrigna sarà sempre difficile. Il padre è amico del poeta Percy Shelley che lo aiuta dal punto di vista finanziaro e frequenta casa Godwin con la moglie. A soli 15 anni Mary Shelly si innamora di Percy ed assieme alla sorellastra di lei fuggono in Francia suscitando la disapprovazione del padre. I tre viaggeranno per tutta l’Europa ed è durante uno di questi viaggi in Svizzera che nasce il primo abbozzo della storia di Frankenstein, pubblicata in forma anonima nel 1818. Mary, Percy Shelley, Lord Byron ed alcuni amici soggiornano in una villa sul lago di Ginevra e durante le serate di pioggia a turno inventano storie di fantasmi. La storia che Mary scriverà per gli amici in quell’occasione è proprio Frankenstein.  La vita di Mary Shelley è travagliata e costellata di lutti. Perde la prima figlia avuta da Percy Shelley, non ancora suo marito, che nello stesso periodo ha anche un figlio dalla moglie. Successivamente Mary e Percy avranno altri tre figli, ma solo uno arriverà all’età adulta. La moglie di Percy morirà suicida quindi Mary e Percy potranno sposarsi. Morirà suicida anche la sorellastra di Mary, Fanny. Mary e Percy viaggeranno molto anche in Italia, inseguiti dai creditori, fermandosi infine a Lerici nella famosa Villa Magni dove vivranno abbracciando la filosofia dell’amore libero. Nel 1822 Percy muore durante un naufragio a Viareggio. A causa della peste che diliagava in quell’epoca il corpo non viene sepolto bensì cremato. Mary conserverà le ceneri del cuore di Percy. Un anno dopo la morte del marito Mary torna in Inghilterra con il figlio, dove si dedicherà alla scrittura e alla pubblicazione delle poesie di Percy. Mary Shelley muore nel 1851 ed è ora sepolta a Bournemouth.

 

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FRANKENSTEIN, OVVERO IL MODERNO PROMETEO

 

Percy Shelley è un poeta molto noto, non Mary Shelley: lei quasi sconosciuta! Grazie al gruppo ho avuto modo di leggere questo libro così antico e un po’ faticoso, ma ricco di spunti. Amo fantascienza, non il genere horror, e l’ho trovato piuttosto pesante. Ginevra, il Monte Bianco, l’Inghilterra, la Scozia sono raccontati molto bene. La creatura esce orrenda fisicamente e terribilmente semplificata dal punto di vista morale. Così brutta che neppure il suo creatore riesce ad affezionarsi, la creatura si attacca a una famiglia, e con l’ottimismo dell’epoca, le basta poco per imparare a leggere e a parlare. L’autrice lascia intendere che l’odio che lui – la creatura – riceve, lo spinge ad odiare ma è molto semplicistico. La creatura sa sempre dove è il suo creatore, riesce sempre a vendicarsi di qualcosa: uccide il fratellino, l’amico, la moglie la notte delle nozze. Creatura e creatore si ritrovano sui ghiacci di una spedizione. Victor, il creatore, è moribondo, la vendetta non è più necessaria, la creatura scompare trai ghiacci. Sono esterrefatta: grandi speranze, grandi aperture, romanzo gotico e terrificante. L’angoscia deriva dall’ottimismo della scienza, dove potrà portare? Sono stupita del seguito che il romanzo ha ricevuto.

 

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Non ho provato angoscia nel leggere il libro, ma tanta pena! Buon selvaggio, Edipo, paura del diverso e ambizione all’onnipotenza dell’uomo sono temi importanti. Mi colpisce moltissimo la figura dell’autrice che scrive a 18 anni. Sa di filosofia, di psicologia, nonostante la madre muoia quando lei ha solo 10 gg. È una donna libera grazie al padre. Nel romanzo ci sono due vittime, il mostro e il suo creatore, Victor, vittima della sua ambizione.

 

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Lettura molto interessante, lontana dal solito, clima concitato e febbrile, romanticismo byroniano, un po’ datato, gotico. Victor, il protagonista, a mio avviso corrisponde a Mary, l’autrice. La sua vita è infelice, tante tragedie la influenzano, prima tra tutte la morte della madre a pochi giorni dalla sua nascita. Il romanzo è una parodia della nascita. C’è interesse scientifico, ma anche e soprattutto dolore. Questo essere che nasce buono e che l’odio fa diventare cattivo. Quando il suo creatore muore, la creatura vuole morire con lui! Dolore forte della vita nel personaggio e interesse scientifico sono i temi di questo romanzo che ha una fama che va al di là della fama dell’autrice.

 

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No ho provato ansia o terrore, ho letto Frankenstein con interesse come viaggio in un’epoca che si dipana nel libro attraverso paesaggi, viaggi, scoperte. Questa donna così giovane che scrive stupisce davvero. Quella di Mary è una borghesia ricca che si concede viaggi e soggiorni, sono pionieri che prendono e partono. Tra le componenti che vivono ancora oggi certamente c’è il femminismo, il coraggio di scrivere, anche il personaggio dell’araba. E noi oggi parliamo di quote rosa! Stupisce questo sentimento così aperto e la libertà di parlarne. C’è relazione con modernità e tecnologia, l’uomo può fare qualsiasi cosa ma viene castigato perché la natura si ribella. Romanzo di nuove invenzioni e tanti spunti, con stile descrittivo, molto semplice, forma epistolare innestata più volte. C’è anche il fattore psicologico, lei che si rivede nel mostro. La mia simpatia non va tanto a Victor ma al mostro! Autrice donna e giovane, grande capacità espressiva e documento storico.

 

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Mi colpisce la vicenda familiare dell’autrice, ancora più del libro, scritto a soli 18 anni, quasi fosse preveggente delle future sventure. Il libro è una favola nera, costruito come le scatole cinesi, tre storie in una (l’esploratore Walton, il creatore Frankenstein, la creatura senza nome), più altre vicende minori. La frase chiave del libro a mio avviso è pronunciata dal mostro, quando dice ‘Ero buono: la miseria ha fatto di me un demone. Rendimi felice, e io sarò di nuovo virtuoso’, pertanto non l’odio lo rende infelice, ma il rifiuto e l’abbandono. Importante anche il tema dell’amicizia, Walton l’esploratore trova un amico in Frankenstein il creatore, e lo ascolta quando in punto di morte lo supplica di non mettere a repentaglio la vita di altri uomini e di tornare quando la spedizione si fa troppo pericolosa. Questo romanzo è il racconto di quel ritorno, della rinuncia all’ambizione dell’onnipotenza. Frankenstein muore per gli stessi peccati della sua creatura, l’orgoglio innanzitutto, e poi il rimorso. Soffre, indicibilmente soffre, ma anche la creatura soffre e muore (si suicida/si perde) perché alla morte del suo creatore, non potendo più vendicarsi, non ha più uno scopo nella vita.  Resta Walton a raccontarci le loro vicende.

 

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Nella discussione emergono infine altri temi importanti, quali il valore della confessione, la richiesta di aiuto, il mito di Prometeo.

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