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2020-10-05 Il corvo di Kader Abdolah

Kader Abdolah

Nasce in Iran nel 1954, il suo vero nome è Hossein Sadjadi Ghaemmaghami Farahani. Abodolah e Kader sono i nomi di due personaggi morti nelle rivolte antisistema che lui ha scelto per il suo nom de plume. Studente di fisica, diventa dapprima oppositore dello scià, e poi di Khomeini. Nel 1985 decide di fuggire dall’Iran insieme alla moglie. Autodidatta della lingua olandese, vuole essere ponte e messaggero tra Oriente e Occidente, in un mix di culture. Scrive novelle e poesie fino a Scrittura cuneiforme e La casa della moschea. Pubblicato da Iperborea, viene spesso in Italia, dove ha ottenuto un bel successo di pubblico. Primo di sei figli, gli piace raccontare che in Iran sono tutti poeti, ed è orgoglioso di un trisavolo poeta perseguitato dallo scià. La casa della moschea è stato definito il secondo miglior romanzo in lingua olandese e racconta le vicende del protagonista nel periodo dallo scià a Khomeini. Finora ha scritto 17 romanzi e rilasciato molte interviste dove risponde con grande verve ironica. A questo link https://www.qcodemag.it/archivio/tag/kader-abdolah/  l'autore parla del futuro dell’Europa sul tema dell’emigrazione. Così come i nostri genitori hanno vissuto la Seconda guerra mondiale, noi ci troviamo ad affrontare la questione dell’integrazione, ricordando che l’emigrazione è ricchezza per i paesi di destinazione.

 

Il corvo

Ho una visione parziale di questo autore, di cui ho letto solo Il corvo. Grande ammirazione per popolo iraniano, sono stata a Shiraz dove festeggiavano Afez, il loro Dante. Di questo libro ammiro il percorso, la tenacia, il voler raggiungere un sogno, l’imparare una lingua certamente non tra le più facili. Detto ciò, il libro non mi è piaciuto, né per contenuto né per stile. Narrazione che non mi detto nulla di particolare. Rispetto e ammirazione per il percorso, non per il libro.

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Mi è piaciuto perché è entrato nella storia in punta di piedi. Mi sono piaciuto anche l candore e lo stupore adolescenziali. Breve romanzo autobiografico con toni da fiaba. Ha raggiunto grandi risultati, ma resta umile. Mi piacciono i flash back e il mix di oriente e occidente. Mi è piaciuto molto, delicato.

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Non conoscevo l’autore, un incontro molto interessante. Amore per il suo paese, citazioni dottissime di autori persiani. Solidale con il suo percorso, mi ha colpito la voglia di realizzare la sua vocazione a diventare scrittore, ma con la lingua del paese che lo ospita. Importante ricordare che è stato scelto come autore per il “libriccino” olandese del 2011.

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Anch’io non avevo letto altro. Mi riservo di decidere se mi è piaciuto o meno alla prossima lettura. All’inizio la sua scrittura povera e banale non mi è piaciuta, così come il suo modo di interloquire con il lettore. Poi mi sono domandata fino a che punto la storia è autobiografica. L’autore, riconosciuto come rifugiato politico dalle nazioni uniti, è arrivato in Olanda. Sono perplessa perché queste esperienze corpose sono state condensate in un libriccino. In una intervista del 1995 dice che ha fato economia di espressioni perché il padre è sordomuto. Ha avuto un’infanzia durissima, primo di sei fratelli, ha accompagnato il padre ovunque. Alla fine, però, sono stata conquistata un po’ di più da questo scrittore che scrive in una lingua straniera, che ha imparato in soli cinque anni, studiandola 17 ore al giorno, più ossessione che passione. In una intervista del 2018 racconta che alcuni critici olandesi hanno apprezzato ritmi e suoni persiani nella loro lingua.

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 Il corvo è l’unico libro che ho letto d questo autore, ma ho letto libri di altri scrittori migranti. Questo si differenzia perché non c’è l’urgenza di raccontare il viaggio, ma l’ambizione di diventare scrittore. Dopo un’iniziale titubanza, ho capito che doveva scrivere in poche righe e allora l’ho visto diversamente. Dapprima nostalgia della propria cultura, poi dolcezza nel ricordare la propria gente che ha una tradizione. Mi è piaciuto anche il saper condensare in poche righe la storia del suo paese, eventi tutti tragici detti però in modo leggero. Mi è piaciuta meno la seconda parte, l’interloquire con il lettore, il viaggio in camion. Il sogno interrotto diventa ambizione e contraddistingue la seconda parte del libro. In sintesi, mi è piaciuto il corvo che accompagna l’autore dall’Iran all’Olanda. Si avverte inoltre anche il coraggio, il voler entrare nella lingua del paese ospite, ammirevole. 

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Mi è piaciuta tantissimo la determinazione a diventare scrittore, l’amore per la letteratura che lo aiuta nei momenti difficili. Il primo capitolo mi ha deluso, poi mi è piaciuto l’impegno a inserirsi nella società dopo l’iniziale nostalgia.

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Avevo già letto sia La casa della moschea che Scrittura cuneiforme. Inizialmente mi ha deluso, poco coinvolgente e poco intenso, sono riuscita comunque a entrare nella sua vita. Biografia essenziale, ci fa capire quello che lui ha provato come rivoluzionario, ribelle, profugo, migrante, esiliato. Ho ritrovato i temi dei libri che avevo già letto, scrittura che è anche salvezza, aiuto a superare le difficoltà. Mi è piaciuta di più la seconda parte, qui ho colto la passione per la scrittura, la determinazione a imparare la lingua del paese che gli ha dato la libertà. Aveva perso la lingua persiana, la lingua della dittatura. È riuscito a trovare la sintesi, la lingua olandese per una storia persiana.

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Lento acclimatamento nel libro, non si capisce se biografia o volo letterario. Dopo l’iniziale volontà di andare a Mosca, cade il muro di Berlino e cambia la destinazione dell’autore. Semplicità che talvolta diventa semplicismo. Va a vedere la casa di Anna Frank, ma non c’è vera comprensione. Ossessione per la scrittura porta l’autore ad accettare la cultura olandese solo per l’aspetto letterario, non parla di musei, zoccoli o altro. Pur essendo marxista–leninista, non si è accorto che il passato dell’Olanda è stato di colonialismo. Il tema del traffico di uomini è ancora attuale, adesso l’olanda che nel 2010 incaricava Kader di scrivere il libriccino dell’anno adesso è contro i migranti, corsi e ricorsi storici. Nel libro si parla di una piazza di Amsterdam, dove adesso tutte le botteghe sono gestite da migranti. Non credente, non parla della religione di origine né del calvinismo del paese d’arrivo, non è critico e non si avvicina. Privilegia più l’aspetto fantastico (il corvo) e l’alter ego, la fisionomia del vero autore mi sfugge. Alla fine, mi è piaciuto, anche se lo stile è semplice, semplicistico, la lingua è mal assimilata. Forse approfondirò con altri libri più corposi. 

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Avevo letto la casa della moschea che mi era piaciuto tantissimo, con una struttura ben definita, titolo considerato come secondo miglior libro di tutti i libri pubblicati in Olanda. La scrittura è semplice, lineare, povera, ma non toglie nulla a questa figura con desiderio di inserirsi nel tessuto sociale oltre che culturale. Dell’accoglienza difficile di questo libro si legge in un articolo a questo link

http://www.fondazionemilano.eu/blogpress/abdolah/2014/01/20/il-corvo-e-max-havelaar/

L’incipit, il sensale di caffè, è in riferimento a un libro del 1860 dove il personaggio è assolutamente negativo. L’unico episodio che mi è piaciuto è quello della storia d’amore a Isfahan, 750 km di viaggio solo per guardare negli occhi la ragazza che amava. Lui voleva che lei leggesse le sue lettere.

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Il corvo del titolo fa parte della cultura persiana, è messaggero e testimone. Anche nell’ultima pagina è ponte, tra il falegname e lo scrittore, tra oriente e occidente, tra tè e caffè. Poi ho pensato a Esopo, Il corvo e la volpe. Da noi è simbolo negativo. Immagina che hai un libro nelle tue mani e che quel libro è tuo, sono le parole che lo zio poeta dice al protagonista ragazzo. Poi però il libro risulta scritto nel 2010 negli Stati Uniti, allora qual è il ruolo degli USA per lui? Chiedetelo al corvo…

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Non sono riuscita ad appassionarmi a questo libro che per me ha più valore storico e testimoniale che non letterario. Ammiro e apprezzo la determinazione dell’uomo, ma – avendo letto solo questo suo libriccino e non gli altri romanzi – non riesco a coglierne la grandezza di narratore.  Racconto frammentato e cronachistico, nonostante il tono da favola di alcuni capitoli.

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Lo stile de Il corvo è funzionale al racconto breve. Toccato tantissimi punti, a volte solo sfiorati. Percorso di vita lunghissimo e travagliato. Tono favolistico, andamento lento, gentile, approccio poetico, diverso da quello americano o europeo. Ci introduce a un mondo differente, il corvo, l’amore platonico, la tazzina di caffè. In poche pagine, tutta la determinazione degli immigrati che noi non comprendiamo fino in fondo. Gli immigrati sono oro, dice Kader, e noi dobbiamo ancora accorgercene. Affrontano l’inverosimile, anche il rischio della morte, e lui riesce a diventare scrittore senza per questo diventare essere superbo o vanitoso. Alle spalle una forza pazzesca, gli immigrati portano energia, nel bene e nel male. C’è tra loro chi vuole solo soldi (trafficanti di schiavi) ma è importante capire la determinazione di Kader nel mostrarsi risorsa enorme nel paese in cui va a vivere. Lo stile scarno è funzionale a dire tanto, ma ne Il corvo c’è anche poesia e stile fiabesco che lui trae da Le mille e una notte che legge e rilegge.

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