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La casa della moschea di Kader Abdollah

 

LA CASA DELLA MOSCHEA – KADER ABDOLLAH

§ Kader fa più volte riferimento alla cultura millenaria con molto entusiasmo; è stato costretto all’esilio prima in Turchia poi in Olanda, scrivendo poi in olandese con l’intento di parlare all'Europa della storia del paese di cui è fuggito, mettere in comunicazione le due culture.

§ Il romanzo ha un carattere autobiografico: protagonista è lo zio. Fa sicuramente riferimento all’epoca recente ma spesso torna a parlare della cultura storica della Persia. Nella storia di questa casa l’ottica è su una famiglia molto ampia, allargata con tanti personaggi interessanti come Aga Jan (mercante di tappeti, capo del bazaar).
L’Islam non è raccontato come fonte di conflitto, ma come una realtà in grado di comprendere sia profili più estremisti che moderati. Non vengono scandite le date anche se sono intuibili dai fatti.
Ne Il corvo avevamo pensato che la scrittura fosse dovuta alla seconda lingua eppure è molto elegante (ci sono poesie, testi sacri etc) ma la scrittura è molto povera eppure efficace; narra tantissime vicende che si susseguono con un ritmo incalzante: è l’elemento più forte di attrazione per il lettore
A proposito della famiglia ho trovato spesso nelle recensioni i riferimenti a Cent’anni di solitudine; a me ha ricordato Nessuno ritorna a Baghdad

§ Per il tipo di scrittura ho pensato che più che per la seconda lingua fosse uno stile personale, con alcune attinenze con la letteratura turca.
Da una parte c’è lo sfondo storico molto presente, non guidato da date ma dai personaggi e degli eventi che ti guidano nella storia; dall’altra il linguaggio molto distaccato, che tende all’asettico anche quando parla di fatti molto crudi.
La storia della famiglia accoglie tanti aspetti culturali e caratteriali: c’è l’ortodosso, il mite, il fanatico sia tra uomini che tra le donne. È un vasto affresco ma il tono resta quello fiabesco delle miniature persiane: la realtà c’è ma la lontananza dell’esule la trasforma in fiaba se non proprio in mito.
Importante la scena del capo famiglia che cerca ospitalità al cadavere del figlio giustiziato da un altro componente della famiglia e non viene accolto da nessuno, finché un vecchio amico si occupa del cadavere: è raccontato in maniera essenziale come a dimostrare l’impossibilità di raccontare il dolore del padre. Un’altra scena che ricordo è quella della cattura degli uccelli: il capofamiglia è famoso per i suoi tappeti e nessuno conosce il segreto del colore e del disegno che è catturare gli uccelli migranti e studiarli per ispirare i disegni della stagione successiva e poi liberarli.
Le nonne sono figure simboliche, l’anima della casa: quando vanno via per motivi religiosi è l’inizio della fine: non c’è più la cura della casa non può più esistere la famiglia come prima.
La discrepanza città campagna mi ha ricordato quella turca: non li notiamo mai e questo forse facciamo finta di non vederli, ma la trasformazione non è mai immediata, una città non fa un paese.
Questo in fondo è successo anche in Italia (agricola, patriarcale etc.)

§ La prima cosa che colpisce è proprio la casa della moschea: chi ha viaggiato in medio oriente ha presente queste case addossate a monumenti, come un nido.
I personaggi tirano fuori i loro caratteri e vanno per la propria strada, le loro posizioni nella società non sono frenate dal capo famiglia. Ci troviamo ad un passaggio epocale e l’ambientazione non sembra una città povera e marginale, ma è comunque tranquilla. L’accettazione della novità occidentale passa attraverso filtri strani (sì tv / no cinema), inizia con la notte dello sbarco della luna, che rende evidente il bisogno di una tv (quindi una data di partenza c’è). Poi le cose si evolvono e vanno in una direzione più o meno unica: quello che è comune con i cambiamenti in Europa sono la velocità e l'atteggiamento del servo, che diventa persona importante solo per essere vicino alla parte dei vincitori, avendo in mano il destino di coloro che erano stati suoi padroni. Dopo molti episodi di morte, i sopravvissuti ritrovano la loro pace, una sorta di normalità.

§ Il libro mi è piaciuto moltissimo; mi ha appassionato la vicenda della casa e l’avvicendarsi dei personaggi, soprattutto il capofamiglia Aga Jan è un grande mediatore, capace di affrontare tutte le situazioni che gli si pongono davanti, con i nipoti, il fratello con tutti i suoi amori che scandalizza gli altri. Peraltro Il fratello di Aga Jan è un personaggio che nella storia acquista un ruolo importante perché avvicina Khomeini grazie alla sua passione per la fotografia e il cinema.
Tutti questi elementi sono come effetti speciali che arricchiscono il racconto. Mi ha impressionato il capovolgimento completo delle relazioni sociali che diventano improvvisamente violente, rompono rapporti consolidati da sempre (appunto la salma del figlio che non trova un posto). Mi è venuta l’angoscia per l’invasione islamica.

§ A proposito dell’autore in un’intervista dice che non ha mai letto il Corano, lo ha letto solo arrivato in Olanda proprio per il compito che si è dato di collegare le due culture, lo ha trovato un libro affascinante ma lo legge con funzione culturale; infine un altro aspetto erotico compare qua e là anche legate alle figure degli imam, che attraggono le donne, ricevono regali.

§ Non ci sono condanne dirette nel romanzo, del resto è stato perseguito da entrambe le parti: affronta le diverse posizioni indirettamente, forse perché la sua famiglia è in Iran, forse il fuggire nella fiaba è prudenziale. Le nonne se ne vanno per motivi religiosi e muoiono alla Mecca: è la religione che gli fa abbandonare la casa che hanno curato per 40 anni: è uno spartiacque simbolico; non ci pensano due volte per cambiare così radicalmente la loro vita.

§ Ho vissuto in Persia nel periodo dello scià: venendo da Milano pensavamo di essere arrivati del terzo mondo. Ricchezza molto diffusa, quartieri eleganti, grande libertà, sembrava di stare in una città americana. Fuori da Teheran le cose cambiavano perché la ruralità era più arretrata. C’erano avversi allo scià e venivano negate le opposizioni (che però c’era). Non c’era clima religioso, nessun obbligo del velo, nessun integralismo. Alcuni si ritenevano una stirpe superiore, una specie di arianesimo. Quando siamo ripartiti è arrivato Khomeini.

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