- Inizia con una storia familiare (il protagonista non abita con i genitori ma con i nonni) e insegna ai ragazzini la determinazione di fare qualcosa nella vita. L’epidemia crea al protagonista una crisi spirituale che lo fa incolpare Dio di quello che succede. Si sente in colpa per aver portato la polio al campo estivo dove lavora la sua ragazza e finisce per perdere le speranze su tutto, soccombendo.
- Libro piaciuto solo parzialmente. La seconda parte è incomprensibile. La terza mi ha riconciliata, ma mi ha rattristata per la sua fine infelice.
- Il desiderio e la colpa, Dio, la ragazza,
la polio, la guerra. Mi ha ricordato il periodo del Covid con gli untori. Il
rapporto con Dio in crisi e il suo rifiuto della vita dopo essersi ammalato di
polio.
- Mi sono piaciuti lo stile e le descrizioni poetiche e sensibili. Ma mi ha colpito il ripudio della fede e il suo inveire contro Dio lo ritengo da presuntuosi.
- Nell’ultima scena mi ricorda un eroe epico, come Achille. E come Edipo è alla ricerca della verità, in questo caso dell’origine della polio. Non accetta il destino e da lì deriva la sua infelicità, passando da eroe a debole.
- Non l’ho trovato poetico, ma asciutto e pieno di contrasti: la virilità in cui credono i giovani contro la caducità della vita umana. Il rammarico di non essere andato in guerra lo porta a sentirsi in colpa per tutta la vita. Rinuncia alla vita per la sua menomazione. Un tema è la diversità sociale tra quelli che possono fuggire dalla città e quelli costretti a rimanerci. La conta quotidiana dei morti mi ha ricordato il periodo del Covid.
- Non mi è piaciuto e non l’ho trovato per niente interessante.
- Apprezzo Roth ma mi è sempre stato antipatico per le descrizioni sempre dal punto di vista maschile. Il suo è un discorso sul popolo americano e sulla polio che azzera le sue ambizioni. E’ molto maschilista. E’ un libro sul “caso” e su come incida sull’umanità: si scaglia contro Dio e non al caso, ma questo è molto umano perché si sente impotente. C’è del classismo: muoiono soprattutto i più poveri. Tragico e bellissimo.
- Amo Roth. E’ bravo nel descrivere i sentimenti che suscita la malattia. Rifiuta Marzia e Dio non per presunzione, ma per disperazione.
- Si pone domande umane che sembrano blasfeme. Il Roth uomo era maschilista, elogiava la virilità e la decadenza del corpo diventa una tragedia. Scrittura efficace, racconta di un mondo che si riesce a leggere anche con gli occhi di oggi. Lettura interessante.
- C’è il tragico di Dostoevskij. C’è il tema della virilità: la polio gli fa temere di non potere avere figli. Ma anche la mancanza del padre e l’insegnamento del nonno con il mito della virilità. C’è il senso dell’onnipotenza: se non è colpa di Dio pensa che sia colpa sua. C’è la questione di classe: la famiglia ricca di Marzia e in particolare il padre che lui vede come ideale paterno. E non saper trasformare le debolezze in forza, come fa il suo allievo.
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2024-11-04 Nemesi di Philip Roth
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