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2024-01-16 Piangi pure di Lidia Ravera

Lo stile di scrittura, la scelta degli aggettivi, molto particolari e specifici, la concisione delle frasi sono gli elementi del romanzo che hanno incontrato il favore di tutte-i le lettrici/ i lettori che hanno partecipato all’incontro.

Il personaggio principale, Iris De Santis, ha invece suscitato sentimenti molto contrastanti e che vanno dall’ammirazione per il suo saper affrontare la propria vita sempre in modo pieno e libero, a giudizi estremamente critici motivati dall’egoismo e individualismo che sempre hanno contraddistinto le sue scelte.

Alcuni esempi, tra i tanti:

·       La vendita, come nuda proprietà, del suo appartamento tenendo all’oscuro di tutto sia la figlia Alice, sia la nipote Melina

·       I suoi innamoramenti, passati (con Michele, per il quale lascia il marito Antonio e la figlia Alice) e attuali (con Carlo, lo psichiatra il cui studio è nello stesso palazzo)

·       Una certa superficialità “benestante” associata a una scarsa consapevolezza della realtà della vita, del tempo che passa, anche giorno dopo giorno

·       Il rapporto conflittuale o assente con la figlia Alice e quello fin troppo accondiscendente con la nipote Melina della quale sembra accettare, passivamente e senza alcuno scambio dialettico, la scelta di vivere da mantenuta dell’uomo di turno, molto facoltoso, e che esibisce la sua bellezza e la sua giovinezza come un trofeo.

Piangi pure è apparso come un romanzo di donne, anche se con ruoli a differente intensità.

Gli uomini, il marito Antonio, l’amante Michele, lo psichiatra Carlo, il marito di Debbie – la coppia che acquista la nuda proprietà dell’appartamento di Iris - sono figure, tutto sommato, abbastanza defilate.

Il marito Antonio viene però considerato dal GdL un personaggio solido e onesto.

Il tema della vecchiaia e del suo mistero, l’affrontare, attivamente e a pieno, il “terzo tempo” della vita con la consapevolezza di potersi modellare, di essere così come si è, ma liberandosi dagli stereotipi dell’età che avanza, elementi ricorrenti della scrittura di Lidia Ravera, hanno suscitato molto interesse in tutto il gruppo di lettura.

La vendita della nuda proprietà, e da qui la scommessa sugli anni da vivere e sulla morte, hanno suscitato una accesa discussione.

Il rapporto madre - figlia, con le sue evidenti asperità, e quello nonna - nipote è stato ritenuto molto realistico.

In ultimo, è emersa tra i presenti una considerazione sulla generazione del ‘68 della quale fa parte sia l’autrice di Piangi pure, sia la figlia Alice.

Tra le tante recensioni ufficiali, si allega quella pubblicata da “la Repubblica” del 12 giugno 2013 perché molto godibile anche grazie alla breve intervista all’autrice.

 

"Piangi pure" di Lidia Ravera: come salvarsi dalla "vecchiaia"

Protagonista del romanzo è Iris, settantanovenne che si innamora di Carlo. Ma nel libro ci sono tre generazioni di donne. L'autrice: "L'unico modo di reagire è lottare contro gli stereotipi"

12 GIUGNO 2013

Iris ha 79 anni, sa che sta percorrendo l'ultimo tratto di strada, ma vuole a tutti i costi che “la sua vita non finisca prima di finire". Vuole ancora un'esistenza piena, Iris. Sa che dipende da lei e domina l'angoscia dell'inevitabile declino concedendosi quello che desidera. "L'amore come speranza necessaria", con i rischi che ogni scelta comporta. Con l'audacia di chi è responsabile di sé fino in fondo. E' affascinante il tema di Piangi pure, l'ultimo romanzo di Lidia Ravera, in libreria da qualche settimana per Bompiani e già alla quinta edizione. Svela le nostre angosce profonde e regala una speranza.

Al centro della storia, tenera e coraggiosa, c'è Iris che si innamora di Carlo, uno psicanalista con cui da tre anni prende solo un caffè o un aperitivo nei giorni feriali. Ma poi tutto cambia ed ecco vincere l'audacia di vivere davvero e di sperare a qualsiasi età, che rifiuta la generica categoria di "vecchiaia" e accetta l'innamoramento come un dono. Con la scelta di sé, generosa e insieme giustamente egoista, senza nascondersi dietro prudenze mortifere o alibi conformisti. E c'è la consapevolezza della morte; niente favolette consolatorie, ma solo la disponibilità a vivere i sentimenti e ad affidarsi al caso, fino alla fine, senza risparmiarsi.

È coraggiosa e vitale Iris, più di sua figlia Alice, ex sessantottina egocentrica e troppo politicamente corretta per risultare simpatica, o di sua nipote, Melina, ragazza bellissima, preda di uno sperdimento giovanile infinito e che chiede solo di essere ascoltata, prima di ascoltare. Resta sempre lei, Iris, al centro della scena, e si arriva alla fine del romanzo con la positiva sensazione che ci si può salvare dalla "vecchiaia"; non certo dal tempo che passa, ma sicuramente dalla rassegnazione e dai luoghi comuni che l'accompagnano. A patto di essere pronti ad assumerci le nostre responsabilità, secondo i sentimenti e i desideri; senza menzogne, apprezzando il lato positivo di ogni età della vita. E rischiando l'amore.

 

Una donna di 79 anni innamorata e protagonista di un romanzo; i perché di questa scelta?

"Invecchiare è un'avventura gloriosamente individuale. Non esistono " i vecchi", "le vecchie", come non esistono "i giovani" o "le donne", almeno nel sacro territorio della letteratura. C'è Iris, che ha 79 anni. Ma è Iris, non è " le donne di 79 anni". L'ho costruita come tutte le mie protagoniste: guardandomi dentro, guardando fuori. In questo caso ho anche guardato avanti. Ho guardato verso l'ultimo tratto di strada. Ho guardato in faccia la nostra principale e umanissima angoscia: che tutto finisca. Ma, soprattutto, che la vita finisca prima di finire. Io ho da sempre questo sogno: una vita piena. Aperta a tutte le possibilità del sentimento e del caso. Fino all'ultimo respiro. I miei romanzi nascono sempre da un'urgenza personale. Ho scoperto, con il tempo, che, attraverso la scrittura, il personale attinge facilmente all'universale. L'amore, questa speranza necessaria... quando smettiamo di concedercelo almeno come ipotesi? La nostra aspettativa di vita, ormai, va ben oltre gli anni considerati canonici per il commercio di sentimenti e pulsioni, per lo scambio di desideri e aspettative, per la gioia sottile della seduzione. Che cosa dobbiamo fare? Smettiamo di sognare a 50 anni? E gli altri 40? Ormai quando una donna esce dall'età fertile ha davanti quella che, un tempo, era un'intera esistenza. Decenni".

 

Che cosa ce ne facciamo? Possiamo davvero escludere la passione amorosa? Non è troppo triste?

"In Piangi pure, ci sono donne di tre generazioni, la più problematica sembra quella di mezzo... Quella di mezzo è la mia. È logico che sia quella su cui esercito la massima severità. Conosco bene quel tipo lì, il tipo Alice... Alice ha bisogno di sentirsi nel giusto, quella che ha capito, la migliore. Giudica compulsivamente gli altri. Si mette sempre fuori, è sempre al riparo dall'errore, dalla debolezza, dall'incoerenza. Finché è durato il '68 ( o i suoi effetti) se ne stava accoccolata nella rivoluzione, a festa finita ha scelto Dio. Intrattiene con la religione un rapporto molto gratificante, autoassolutorio, un po' maniacale. Non perdona a sua madre d'aver seguito un uomo quando lei era bambina. Non perdona a sua figlia di vivere la relazione con i molti uomini che la corteggiano come una comoda soluzione dei problemi materiali della vita. A sé stessa, al contrario, perdona tutto: d'aver usato gli uomini come inseminatori umani, al solo scopo di restare incinta. D'aver vissuto la maternità in modo narcisistico, amando sua figlia soltanto nella fase simbiotica dei primi anni. Di sposare, ormai sul far della sessantina, un ragazzo soltanto per poter adottare due bambine ... e ricominciare a emozionarsi, a commuoversi di queste minuscole creature bisognose di tutto... C'è un pezzo di me anche in Alice. Come c'è in Iris. In fondo anche nella giovane e bellissima Melina. Ci si smembra per scrivere un romanzo. Si cerca dentro di sé, furiosamente. E alla fine si trova tutto. È un esercizio che paga sul piano letterario: se non sei empatico con ciascuno dei tuoi personaggi, partorisci caricature, o stereotipi. È un esercizio utile per la vita di relazione: l'empatia è un potente vaccino contro l'intolleranza".

Gli anziani diventano invisibili, soprattutto per i giovani. Per reagire basta non accettarlo?

"Se invecchi bene, diventa più importante guardare che essere guardata. Dipendi meno dal giudizio degli altri. Quindi non ti senti sparire soltanto perché non sei più la più bella della festa. I giovani: se riesci a capirli (cioè ad amarli, perché non c'è altra via d'accesso alla comprensione fra generazioni diverse), se riesci a non invidiarli (per esempio ricordando quanto eri infelice da ragazza), se riesci a mantenere vivo lo scambio fra chi ha una vita tutta da raccontare e chi ha una vita tutta da scoprire... non ti condanneranno all'invisibilità. Perché avranno bisogno/desiderio di te. Quelli curiosi, almeno. E quelli che non sono curiosi sono inutili, la loro distrazione, l'eventuale disprezzo non avranno alcun potere su di te. La vecchiaia ha questo vantaggio: sei apprezzata da un numero molto inferiore di persone. Ma certamente sono le migliori. È una specie di selezione naturale. Carlo, che, a pochi passi dalla morte, si innamora di Iris, che ha ben poca strada ancora da percorrere, è un uomo straordinario. Non è una persona comune. È un fuori classe. Quello che si perde in quantità di occasioni, lo si recupera in qualità. No, io sono contraria all'accettazione supina. Io voglio rovesciare le regole del gioco. Finché c'è vita c'è racconto. Chi ti impedisce di ritagliarti una parte da protagonista? L'unico modo utile di "reagire" è lottare contro gli stereotipi. Valorosamente, con ostinazione.

Fino alla completa liberazione dell'io dai condizionamenti di una cultura consumista e superficiale".

 

 

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