Lo stile di scrittura, la scelta degli aggettivi, molto particolari e specifici, la concisione delle frasi sono gli elementi del romanzo che hanno incontrato il favore di tutte-i le lettrici/ i lettori che hanno partecipato all’incontro.
Il
personaggio principale, Iris De Santis, ha invece suscitato sentimenti molto
contrastanti e che vanno dall’ammirazione per il suo saper affrontare la
propria vita sempre in modo pieno e libero, a giudizi estremamente critici
motivati dall’egoismo e individualismo che sempre hanno contraddistinto le sue
scelte.
Alcuni
esempi, tra i tanti:
·
La
vendita, come nuda proprietà, del suo appartamento tenendo all’oscuro di tutto
sia la figlia Alice, sia la nipote Melina
·
I
suoi innamoramenti, passati (con Michele, per il quale lascia il marito
Antonio e la figlia Alice) e attuali (con Carlo, lo psichiatra il cui
studio è nello stesso palazzo)
·
Una
certa superficialità “benestante” associata a una scarsa consapevolezza della
realtà della vita, del tempo che passa, anche giorno dopo giorno
·
Il
rapporto conflittuale o assente con la figlia Alice e quello fin troppo
accondiscendente con la nipote Melina della quale sembra accettare,
passivamente e senza alcuno scambio dialettico, la scelta di vivere da
mantenuta dell’uomo di turno, molto facoltoso, e che esibisce la sua bellezza e
la sua giovinezza come un trofeo.
Piangi
pure è apparso come un romanzo di donne, anche se con ruoli a differente
intensità.
Gli
uomini, il marito Antonio, l’amante Michele, lo psichiatra Carlo, il marito di
Debbie – la coppia che acquista la nuda proprietà dell’appartamento di Iris -
sono figure, tutto sommato, abbastanza defilate.
Il
marito Antonio viene però considerato dal GdL un personaggio solido e onesto.
Il
tema della vecchiaia e del suo mistero, l’affrontare, attivamente e a pieno, il
“terzo tempo” della vita con la consapevolezza di potersi modellare, di essere
così come si è, ma liberandosi dagli stereotipi dell’età che avanza, elementi
ricorrenti della scrittura di Lidia Ravera, hanno suscitato molto interesse in
tutto il gruppo di lettura.
La
vendita della nuda proprietà, e da qui la scommessa sugli anni da vivere e
sulla morte, hanno suscitato una accesa discussione.
Il
rapporto madre - figlia, con le sue evidenti asperità, e quello nonna - nipote
è stato ritenuto molto realistico.
In
ultimo, è emersa tra i presenti una considerazione sulla generazione del ‘68
della quale fa parte sia l’autrice di Piangi pure, sia la figlia Alice.
Tra le tante
recensioni ufficiali, si allega quella pubblicata da “la Repubblica” del
12 giugno 2013 perché molto godibile anche grazie alla breve intervista
all’autrice.
"Piangi
pure" di Lidia Ravera: come salvarsi dalla "vecchiaia"
Protagonista del
romanzo è Iris, settantanovenne che si innamora di Carlo. Ma nel libro ci sono
tre generazioni di donne. L'autrice: "L'unico modo di reagire è lottare
contro gli stereotipi"
12 GIUGNO 2013
Iris ha 79 anni,
sa che sta percorrendo l'ultimo tratto di strada, ma vuole a tutti i costi che
“la sua vita non finisca prima di finire". Vuole ancora un'esistenza
piena, Iris. Sa che dipende da lei e domina l'angoscia dell'inevitabile declino
concedendosi quello che desidera. "L'amore come speranza necessaria",
con i rischi che ogni scelta comporta. Con l'audacia di chi è responsabile di
sé fino in fondo. E' affascinante il tema di Piangi pure, l'ultimo romanzo di
Lidia Ravera, in libreria da qualche settimana per Bompiani e già alla quinta
edizione. Svela le nostre angosce profonde e regala una speranza.
Al centro della
storia, tenera e coraggiosa, c'è Iris che si innamora di Carlo, uno
psicanalista con cui da tre anni prende solo un caffè o un aperitivo nei giorni
feriali. Ma poi tutto cambia ed ecco vincere l'audacia di vivere davvero e di
sperare a qualsiasi età, che rifiuta la generica categoria di
"vecchiaia" e accetta l'innamoramento come un dono. Con la scelta di
sé, generosa e insieme giustamente egoista, senza nascondersi dietro prudenze
mortifere o alibi conformisti. E c'è la consapevolezza della morte; niente
favolette consolatorie, ma solo la disponibilità a vivere i sentimenti e ad
affidarsi al caso, fino alla fine, senza risparmiarsi.
È coraggiosa e
vitale Iris, più di sua figlia Alice, ex sessantottina egocentrica e troppo
politicamente corretta per risultare simpatica, o di sua nipote, Melina,
ragazza bellissima, preda di uno sperdimento giovanile infinito e che chiede
solo di essere ascoltata, prima di ascoltare. Resta sempre lei, Iris, al centro
della scena, e si arriva alla fine del romanzo con la positiva sensazione che
ci si può salvare dalla "vecchiaia"; non certo dal tempo che passa,
ma sicuramente dalla rassegnazione e dai luoghi comuni che l'accompagnano. A
patto di essere pronti ad assumerci le nostre responsabilità, secondo i
sentimenti e i desideri; senza menzogne, apprezzando il lato positivo di ogni
età della vita. E rischiando l'amore.
Una donna di 79
anni innamorata e protagonista di un romanzo; i perché di questa scelta?
"Invecchiare
è un'avventura gloriosamente individuale. Non esistono " i vecchi",
"le vecchie", come non esistono "i giovani" o "le
donne", almeno nel sacro territorio della letteratura. C'è Iris, che ha 79
anni. Ma è Iris, non è " le donne di 79 anni". L'ho costruita come
tutte le mie protagoniste: guardandomi dentro, guardando fuori. In questo caso
ho anche guardato avanti. Ho guardato verso l'ultimo tratto di strada. Ho
guardato in faccia la nostra principale e umanissima angoscia: che tutto
finisca. Ma, soprattutto, che la vita finisca prima di finire. Io ho da sempre
questo sogno: una vita piena. Aperta a tutte le possibilità del sentimento e
del caso. Fino all'ultimo respiro. I miei romanzi nascono sempre da un'urgenza
personale. Ho scoperto, con il tempo, che, attraverso la scrittura, il
personale attinge facilmente all'universale. L'amore, questa speranza
necessaria... quando smettiamo di concedercelo almeno come ipotesi? La nostra
aspettativa di vita, ormai, va ben oltre gli anni considerati canonici per il
commercio di sentimenti e pulsioni, per lo scambio di desideri e aspettative,
per la gioia sottile della seduzione. Che cosa dobbiamo fare? Smettiamo di
sognare a 50 anni? E gli altri 40? Ormai quando una donna esce dall'età fertile
ha davanti quella che, un tempo, era un'intera esistenza. Decenni".
Che cosa ce ne
facciamo? Possiamo davvero escludere la passione amorosa? Non è troppo triste?
"In Piangi
pure, ci sono donne di tre generazioni, la più problematica sembra quella di
mezzo... Quella di mezzo è la mia. È logico che sia quella su cui esercito la
massima severità. Conosco bene quel tipo lì, il tipo Alice... Alice ha bisogno
di sentirsi nel giusto, quella che ha capito, la migliore. Giudica
compulsivamente gli altri. Si mette sempre fuori, è sempre al riparo
dall'errore, dalla debolezza, dall'incoerenza. Finché è durato il '68 ( o i
suoi effetti) se ne stava accoccolata nella rivoluzione, a festa finita ha
scelto Dio. Intrattiene con la religione un rapporto molto gratificante,
autoassolutorio, un po' maniacale. Non perdona a sua madre d'aver seguito un
uomo quando lei era bambina. Non perdona a sua figlia di vivere la relazione
con i molti uomini che la corteggiano come una comoda soluzione dei problemi
materiali della vita. A sé stessa, al contrario, perdona tutto: d'aver usato
gli uomini come inseminatori umani, al solo scopo di restare incinta. D'aver
vissuto la maternità in modo narcisistico, amando sua figlia soltanto nella
fase simbiotica dei primi anni. Di sposare, ormai sul far della sessantina, un
ragazzo soltanto per poter adottare due bambine ... e ricominciare a
emozionarsi, a commuoversi di queste minuscole creature bisognose di tutto...
C'è un pezzo di me anche in Alice. Come c'è in Iris. In fondo anche nella
giovane e bellissima Melina. Ci si smembra per scrivere un romanzo. Si cerca
dentro di sé, furiosamente. E alla fine si trova tutto. È un esercizio che paga
sul piano letterario: se non sei empatico con ciascuno dei tuoi personaggi,
partorisci caricature, o stereotipi. È un esercizio utile per la vita di relazione:
l'empatia è un potente vaccino contro l'intolleranza".
Gli anziani
diventano invisibili, soprattutto per i giovani. Per reagire basta non
accettarlo?
"Se
invecchi bene, diventa più importante guardare che essere guardata. Dipendi
meno dal giudizio degli altri. Quindi non ti senti sparire soltanto perché non
sei più la più bella della festa. I giovani: se riesci a capirli (cioè ad
amarli, perché non c'è altra via d'accesso alla comprensione fra generazioni
diverse), se riesci a non invidiarli (per esempio ricordando quanto eri
infelice da ragazza), se riesci a mantenere vivo lo scambio fra chi ha una vita
tutta da raccontare e chi ha una vita tutta da scoprire... non ti condanneranno
all'invisibilità. Perché avranno bisogno/desiderio di te. Quelli curiosi,
almeno. E quelli che non sono curiosi sono inutili, la loro distrazione,
l'eventuale disprezzo non avranno alcun potere su di te. La vecchiaia ha questo
vantaggio: sei apprezzata da un numero molto inferiore di persone. Ma
certamente sono le migliori. È una specie di selezione naturale. Carlo, che, a
pochi passi dalla morte, si innamora di Iris, che ha ben poca strada ancora da
percorrere, è un uomo straordinario. Non è una persona comune. È un fuori
classe. Quello che si perde in quantità di occasioni, lo si recupera in
qualità. No, io sono contraria all'accettazione supina. Io voglio rovesciare le
regole del gioco. Finché c'è vita c'è racconto. Chi ti impedisce di ritagliarti
una parte da protagonista? L'unico modo utile di "reagire" è lottare
contro gli stereotipi. Valorosamente, con ostinazione.
Fino alla
completa liberazione dell'io dai condizionamenti di una cultura consumista e
superficiale".
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