Verbale incontro gdl “via col libro” del 17-06-2013 su “La rabbia del
vento” di S. Yizhar
Alcuni suggerimenti e
segnalazioni emersi durante l’incontro in relazione alla lettura di “La rabbia del vento” di S. Yizhar:
sito www.altrestorie.org
rivista Limes con monografia su
“Una certa idea di Israele”
film “Yentl” con Barbara
Streisand
libro di A. Yehoshua “Sionismo e
antisemitismo”
libro di Saleen Nassib “L’amante
palestinese”
Dunia. Ho scoperto questo libro per caso ed è stata una felice sorpresa.
All'epoca della sua uscita (1949) aveva suscitato molte polemiche. A me è
piaciuto il modo di raccontare, la scrittura, le atmosfere che evoca, la
capacità di osservazione e descrizione della natura, il silenzio. Dai dialoghi
che si svolgono tra i soldati emergono fatti importanti che esprimono il senso
comune degli israeliani, convinti della giustezza del loro agire. In questo
senso mi ha colpito il loro disprezzo verso gli arabi, i vecchi, gli animali. A
un certo punto l’autore fa parlare la coscienza critica dell’io narrante,
divergente da questo senso comune. Questa voce si fa più pressante e forte di
fronte alla scena della madre che trascina il piccolo figlio disabile e in
quella parla dell’esilio, pensando anche allo stesso esilio subito dal suo
popolo.
Loredana. Nelle descrizioni della natura io vedo una serie di
personificazioni, sono numerose insieme a tante espressioni originali e molto
significative. Nella seconda parte il libro è invece ricco di similitudini con
tanti “come” che si susseguono.
Franco. A proposito del linguaggio, trovo che ci sia molta ricchezza.
La letteratura israeliana si è venuta formando all'inizio del ‘900. In essa ci
sono molti riferimenti alla Bibbia. Con la nascita dello stato israeliano
sussisteva il problema di creare un nuovo linguaggio che non fosse quello della
Bibbia. Immagino le ripercussioni di questo fatto sulla letteratura con, tra
l’altro, il problema della traduzione.
Mariella. Trovo che dal punto di vista politico abbia un impatto
straordinario, però, mi ha disturbato. Mi ha fatto vedere il senso
dell’estraneità della guerra, un tiro al piccione dove gli attori tirano fuori
il peggio di sé. Mi ha colpito l’amore per la terra. Vi segnalo il saggio di
Limes, molto interessante per cercare di comprendere Israele (vedi rif. inizio testo). Sottolineo che
l’amore per la terra spinge gli ebrei a considerarla come un diritto loro, e se
la terra promessa è occupata da altri, ebbene, bisogna procedere a liberarla.
Questo libro mi ha suscitato un doppio feeling: la bellezza del racconto e il
disagio verso un conflitto che mi pare destinato a non ricomporsi. Infine, ho
notato una questione linguistica espressa, tra l’altro, dal titolo che
l’editore italiano ha scelto in contrasto con quello originale che rimanda al
nome del villaggio espropriato, cioè, Kirbet Kiza. Mi chiedo da che lingua sia
stata tradotta la versione italiana, dall’inglese? dall'ebraico?
Gisella. Quando, all'inizio del racconto, i soldati arrivano sul
posto, si stupiscono della bellezza dei luoghi, della natura. A differenza di
interventi che mi hanno preceduto, io non ho trovato tanto disprezzo, ho notato
una non considerazione verso le persone, che agli occhi dei soldati (e dell’autore)appaiono passive. A
questo proposito, mi sembra che gli arabi in questo libro non dimostrino
coscienza politica. Mi ha fatto venire in mente il film “Yentl” (inizio testo) con la storia di
un’ebrea dell’’800 che pur avendo raggiunto una sua identità in un paese della
Mitteleuropa dove vive, decide di lasciarla attratta dal mito della terra
promessa. A questo riguardo, ricordo il mito degli israeliani che hanno fatto
fiorire il deserto. Un mito, derivante da un fatto reale, cioè che l’acqua l’hanno
rubata.
Bruno. Non sono d’accordo sul tema del disprezzo, che per me,
invece, emerge da tanti personaggi e momenti del racconto, anche qui si nota la
disparità di armi e strumenti tra gli israeliani e questo popolo di aggrediti.
La lettura di questo libro mi è piaciuta moltissimo, ho trovato una scrittura
elegante, ricchissima. Il racconto porta alla luce temi che stanno alla fonte
del conflitto arabo-israeliano, più avanti, col tempo cresceranno, drammatizzandosi
sempre più. L’immagine degli arabi che risulta dal libro è terribile, sono
considerati alla stregua di bestie, inoltre, mi pare che non siano molte le
voci di dissenso da questa visione. Per comprender al genesi del conflitto segnalo
l’interessante lettura di “Sionismo e antisemitismo” di A. Yehoshua.
Nadia. Mi è piaciuto molto, è un libro molto ricco. Cito,
all'inizio, il pezzo del “pensare”, poi, il rapporto con gli animali che rivela
una sorta di volontà di abbruttirsi l’anima, forse, per abituarsi a trattare il
nemico come “cosa”, riducendolo all'essenza di bestia. Un modo classico per giustificare
la violenza e la sopraffazione. Trovo interessante la parte riguardante i dubbi
dell’io narrante, per esempio, quando verso la fine entra in scena la
cosiddetta madre-leonessa, dipinta molto bene, questi dubbi si infittiscono.
Bruno. Faccio notare che in Israele l’esercito prevede la leva
obbligatoria, inoltre, molti personaggi della politica provengono
dall'esercito.
Franco. L’autore stesso ha un passato nell'esercito, quindi, ha
avuto trascorsi politici ed è stato un parlamentare. Nel libro mi ha colpito
tra l’altro il richiamo frequente all'elemento acqua e anche al fango. In
sostanza, questo è un romanzo di guerra che mi ha richiamato alla mente alcuni
classici come “Niente di nuovo sul fronte occidentale” e “Un anno
sull'altipiano”.
Nessun commento:
Posta un commento