- Stile di scrittura asciutto, per
punti. Stancante per me
- In un’intervista all’autrice: “Penso
di aver portato qualcosa di nuovo in letteratura soprattutto nel ripensare
la scrittura autobiografica rendendola una scrittura non solo dell’intimità ma del sociale”
- Gira attorno al suo unico mondo. Crudo sul finale
- Crudezza nel dire le cose con il
cuore. Nessuna
messinscena
- Una vita vuota: il marito non c'è,
neppure i figli. Manca di
sostanza spirituale
- Momenti delicati e di tenerezza
con il padre, ma il marito si presenta al funerale del suocero come a un
lutto non suo
- Scritto bene, affilato, tagliente.
Mai una parola per un'altra
- Scrittura sintetica e scarna, non
mi piace e non mi arriva
- L'nferiorità culturale del padre,
che pure ha combattuto contro il non farcela nella vita, è vergogna per
lei. Rapporto
irrisolto
- Cronaca, non storia. Voluta
estraneità alle emozioni. Provincialismo francese cattolico bigotto e
contadino
- In una Francia 'schifosamente'
classista, tutto ciò che interessa all'autrice è 'la posizione'
- Emozionante omaggio al padre che
viene da un mondo contadino in cui ci si vergogna delle emozioni. Il posto: a chi o cosa
riferito?
- Efficace e commovente
nell'esaltare il padre umile che fa innovazioni ed è sempre alla ricerca
di qualcosa di bello
- Protagonista assoluto è il
linguaggio che sostituisce la vita: "Scrivo perché non avevamo niente
da dirci"
- Apparentemente semplici la storia
e la scrittura. E invece è un libro che continueresti a rileggere perché
scopri sempre qualcosa di nuovo, e non ti stanca mai
- Racconta il percorso cell'autrice
ma alla fine mi è mancato l'affetto che in passato univa padre e figlia
- Il racconto di un'ascesa sociale,
presuntuoso e antipatico. Linguaggio di famiglia resta come legame
affettivo
- Manca uno sguardo di tenerezza
dell’autrice alle sue umili origini
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