· Paleso, rispetto a questo libro, la mia
ignoranza: a dirla tutta non l’ho proprio terminato. Ho apprezzato
l’impostazione storica e fatto fatica per i temi familiari.
· Racconto romanzato e copertina bruttissima.
Ma l’ho letto volentieri. Interessante il discorso storico che ci sta dietro,
raccontato non so fino a che punto con precisione. Mi è piaciuta di meno la
parte dove parla di se stessa. Comunque non l’ho trovato un libro riuscito come
scrittura. Anche se devo dire, per finire, che non amo la letteratura Africana.
· Non l’ho letto tutto. Un libro scritto da
giornalista: butta la frase e passa ad altro. Il lato politico è poco profondo,
non dice niente di nuovo; da una persona di sinistra mi sarei aspettata qualcosa di più.
· Da questo libro che è stato di non facile
lettura ecco gli argomenti che più hanno
attirato la mia attenzione: le famiglie allargate, il tema della memoria, quel non perdere le proprie origini e le
immagini bellissime della madre come pastora. Il corpo delle donne incombe su
tutto il libro: una lettura fisica? E poi per concludere il tema della lingua e
l’amore dell’autrice per la lingua italiana.
· Mi è piaciuto e a tratti mi ha commosso.
Il ritmo è intenso. Non c’è odio ma un potente realismo e tanto amore per
l’Italia e la lingua italiana. Cassandra è lei e non è lei?
· Io invece l’ho trovato confuso e prolisso.
Per carità siamo davanti ad una denuncia incredibile, ma mi sono anche chiesta:
come fa a mettere insieme tutta questa storia? Tutto buttato là. E inoltre il
discorso sul corpo, vagina qui, vagina là, che cosa mi è sfuggito? Alla fine
non sono riuscita a farmi prendere da questo libro.
· L’ho affrontato con molto interesse anche
per una questione familiare: un mio zio è andato in Somalia a fare la guerra e
la raccontava tutte le sere. Mi ricordo di strani episodi. Comunque il libro mi
ha deluso. La scrittura così carica di nostalgia? Non ne ho colto il ritmo. Io che
sono sempre sensibile al linguaggio della poesia non sono riuscita ad
afferrarlo. E ho vissuto annoiata tante e tante pagine ripetute.
· L’autrice si assume il ruolo di recuperare
la memoria. E’ questa la giusta cura. Mi sono identificata con il problema
dell’analfabetismo della madre pastora: io l’ho vissuto con la mia . Che si era
fermata alla quinta elementare.
· La solita autobiografia strappalacrime:
guerra, esilio, i soliti somali tristi? Però l’ho trovato pieno di colori. Mi
ha colpito la figura del padre, la sua camminata elegante è un immagine
bellissima.
· Anche io ho fatto fatica. L’ho trovato pesante, noioso e certe digressioni sugli avvenimenti italiani non mi sono piaciute. Ma al di là di queste considerazioni, questo libro affronta una quantità di temi estremamente interessanti. Una scrittura civile? Igiaba scrive in modo corretto ma in modo fondamentalmente giornalistico.
- Ancora una volta siamo davanti ad un libro dove sulla copertina c’è scritto romanzo ma che alla fine romanzo non è: Igiaba Scego parla della sua famiglia ma rispetto ad altri libri sullo stesso argomento camuffati da romanzi, lo fa in un modo che ho trovato molto poetico
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