La lettura del libro è stata complessivamente gradita, il testo riprende i temi che caratterizzano la produzione dell’A. e che riguardano principalmente la libertà, i rapporti famigliari, le questioni etiche, tra cui il fine vita e l’eutanasia
Anche in questo lavoro, i
contenuti sono angosciosi, forti, forse troppi è stato notato, difficili da
affrontare, ma sono stati resi con grande sensibilità e originalità, tratti di
ironia, autoironia, umorismo spesso
spietato, ma per alcuni non sufficientemente approfonditi.
Il libro è intriso di dolore, la
pagine un modo per affrontarlo e
resistere, ma contengono anche un messaggio di accettazione della vita
stessa in tutta la sua contraddittorietà ed ambivalenza.
Nella discussione sono emersi anche pareri critici riguardanti sia lo stile sia
il contenuto.
Lo stile è apparso ad alcuni
fluido, spigliato ed e’ stato sottolineato
il tentativo della scrittrice di
rinnovare il modo di raccontare, cercando una nuova strada interessante
e produttiva che utilizzi i termini di un linguaggio informale,
quotidiano a volte addirittura scurrile. Ad alcuni, il ritmo è invece apparso
un po’ sincopato e monotono, a volte un po’ involuto per l’inserimento di improvvisi “flussi di coscienza”, dell’uso di flashback e di salti
temporali.
E’ stata particolarmente
apprezzata la capacità della scrittrice di analizzare le emozioni, di
descrivere la profondità dei legami familiari e soprattutto quello fra le due
sorelle, così diverse, ma legatissime.
L’A. utilizza la scrittura per
rielaborare il dolore e per poter continuare a vivere dopo le immani tragedie
che ha dovuto affrontare, utilizzando le parole stesse per governare e filtrare
le emozioni, a differenza della sorella che viene travolta dalla musica proprio
perché i suoni non hanno questa capacità, sono immediati e senza sfumature.
Le emozioni non gestite finiranno
proprio per travolgere la povera Elf.
Tema forte del libro è comunque
l’evento suicidio e la discussione si è dilungata anche sui motivi che
potrebbero averlo provocato.
È’ sembrato riduttivo ricondurlo
solo alla definizione generica di depressione o disturbo mentale. L’analisi si
è così allargata ed è sembrata più completa un’analisi delle motivazioni che
potrebbero aver condotto al gesto estremo, già più volte tentato da Elf.
Si è parlato di disagio
esistenziale, di una sensibilità, lucidità ed intelligenza sopra la media che
probabilmente le hanno impedito diaccettare l’inevitabile banalità di alcuni
giorni, la contraddittorietà del reale, una ricerca di senso fallita.
Questi elementi caratterizzano
del resto tutta la famiglia, giudicata impropriamente “stramba”, ma in realtà
straordinaria e resistente alle assurde rigidità dell’ambiente mennonita.
E’ stato però anche notato che lo
stile sempre piuttosto ironico, abbia un po’ compromesso l’approfondimento e lo
sviluppo del tema della morte e del suicidio.
La narrazione è apparsa un po’
lunga, soprattutto nella parte conclusiva dedicata alla ricomposizione del
nucleo familiare dopo il suicidio di Elf.
Sono pagine che celebrano
l’importanza degli affetti e dei vincoli familiari, l’andare avanti
“nonostante”, ma che forse danno un po’
troppo l’impressione di “lieto fine” e di autoassolvimento della sorella
sopravvissuta al dolore.
Osservazione interessante sul
titolo: “I miei piccoli dispiaceri”: poiché il profondo dramma del suicidio, la
sua elaborazione ed accettazione sono già avvenuti, la scelta del titolo scelta potrebbe denotare la consapevolezza che adesso siano “piccole pene”, nel senso che ora si possono sopportare,
sono ferite che ineriscono alla vita in quanto tale.
Nessun commento:
Posta un commento