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2024-06-07 Burhan Sönmez, Pietra e ombra, trad. Nicola Verderame, Nottetempo, Milano 2022

 Questo è un sogno, non esiste la pietra, non esisto io, esiste soltanto l'ombra.” (p. 161)

 

Burhan Sönmez nasce in un piccolo villaggio remoto della Turchia centrale nel 1965, cresce parlando il curdo in un’epoca in cui la lingua curda era vietata, ha la fortuna di avere come madre una narratrice di talento per cui la sua infanzia trascorre tra storie e fiabe curde. Il suo interesse per la scrittura, per la narrazione e la letteratura trova le sue radici nelle storie e leggende tradizionali con cui è cresciuto. Poi a scuola impara il turco ed oggi scrive in questa lingua. Si trasferisce a Istanbul per studiare legge negli anni successivi al colpo di stato militare del 1980. Nel 1984 viene arrestato dalle autorità turche, nel 1996 viene ferito durante un duro scontro con la polizia  e viene curato col sostegno della Fondazione “Freedom for Torture” in Gran Bretagna dove trascorre lunghi periodi per le cure.

Interessato alla poesia, per la quale ha ricevuto due premi in Turchia, inizia a dedicarsi alla scrittura di romanzi nel lungo esilio inglese a causa delle cure di riabilitazione. Oggi i suoi librisono tradotti in più di venti paesi.

Nel 2017 ha ricevuto il premio Disturbing the Peace della Vaclav Havel Library Foundation, nel 2018 il Premio letterario della BERS in Gran Bretagna. In Turchia, ha ricevuto il Sedat Simavi Literature Prize e Izmir St. Premio Joseph per il miglior romanzo nel 2011, il BUYAZ Best Story Honor Prize nel 2015 e  l'Orhan Kemal Novel Award nel 2022. Ha tradotto in turco il libro di poesie di William Blake Il matrimonio del paradiso e dell'inferno. In Italia sono usciti Gli innocenti (Del Vecchio, 2014; Premio Sedat Simavi), cui è seguito Istanbul Istanbul (Nottetempo, 2016; Premio Fondazione Václav-Havel), Pietra e ombra (Nottetempo, 2022). 

Avvocato specializzato in diritti umani, vive tra Cambridge e Istanbul e insegna Letteratura all’Università ODTU di Ankara.

Pietra e ombra è la storia di Avdo, un mastro intagliatore di lapidi tombali, la cui esistenza viene ad essere coinvolta in molte altre vite che riflettono i diversi ambienti culturali: cristiani, musulmani sunniti, aleviti, turchi, curdi, armeni, un mosaico che restituisce la storia sociale della Turchia moderna.

Avdo non sa quando e dove è nato, sa che è cresciuto come orfano a Mardin, antica città fortificata, al confine con la Siria. È protetto da un uomo assiro che diventa il suo maestro e gli insegna l'arte di scolpire lapidi. Viaggia di città in città e in un piccolo villaggio anatolico si imbatte in Elif, l'unico amore della sua vita. 

Purtroppo è costretto a scappare e dopo varie peripezie approda a Istanbul, si stabilisce nel cimitero Merkez Efendi di cui diventa il guardiano. In una notte di neve arriva al cimitero una giovane donna, male in arnese, che sta cercando disperatamente un posto dove nascondersi per sfuggire alla polizia che la insegue con i cani. Chi è questa misteriosa Reyhan, perché la polizia la cerca? arriva per caso alla porta di Avdo o c’è un motivo? Perché Avdo si è ritirato a vivere con i morti piuttosto che con i vivi?

La storia abbraccia un arco di tempo molto ampio, che va dal 1939 agli anni 2000, e la trama si snoda con continui salti temporali tra un passato, anche molto lontano, e il presente, in luoghi che vanno dal Medio Oriente all’Europa, una storia fatta di tante storie, di altri destini. Tante le tessere che Sönmez semina qua e là e che alla fine si ricompongono in un mosaico che è una mappa storica della Turchia costituita da molte società diverse.

Il libro offre letture a più livelli e diversi punti di vista; molti i temi che affronta: la memoria, l’identità, il destino, temi universali come la vita e la morte, il tempo, la menzogna e la verità, l’amore, l’amicizia, la sofferenza legata alla guerra, la violenza, l’esilio e la migrazione. La forza trainante del testo è la lotta di Avdo e Reyhan per la sopravvivenza e l'amore costante di Avdo per Elif.

Il libro è stato letto e apprezzato da tutto il gruppo, anche se con motivazioni diverse: c’è chi ammette di essere rimasto affascinato dalla storia, dai personaggi, in particolare di Avdo “personaggio indimenticabile”, ma infastidito dai salti temporali, che rendono faticosa la lettura, e dagli “inserti storici” che costringono a riconoscersi ignoranti rispetto alla storia anche recente della Turchia, e dire che si tratta di un paese non troppo distante dall’Italia!  

Un intervento sostiene che, a suo parere, se il racconto fosse stato lineare, senza salti temporali, non avrebbe avuto l’impatto emotivo e poetico che invece ha, soprattutto nell’ultima parte quando si chiariscono punti rimasti fino a quel momento un po’ in sospeso. 

Un ultimo intervento sostiene che il testo è stato utile perché lo ha portato a capire che l’idea che aveva della Turchia come di un paese unitario, era errata, il romanzo fa scoprire la complessità del paese e del mondo islamico, tutt’altro che monolitico. Nello stesso tempo pur essendo un bel libro dal punto di vista letterario (racconto quasi epico in cui le voci dei vivi si intrecciano con quelle dei morti, una scrittura poetica, una struttura interessante, la capacità di rivelare i personaggi un po’ per volta) lo scrittore si è fatto prendere la mano dal meccanismo: le sezioni storiche che si discostano troppo dalla trama finiscono per appesantire il discorso. Anche senza questi inserti il lettore riuscirebbe comunque a cogliere la volontà dello scrittore di far emergere la verità e i traumi del passato e la realtà del presente della Turchia.


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