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2022-03-07 La chiave a stella di Primo Levi

 Partendo dallo stile e dal linguaggio si è notato che l'autore ha adottato un approccio sperimentale: abbiamo due voci protagoniste, il narratore e il personaggio Faussone, abbiamo il colloquio tra i due, riportato con una fedeltà assoluta, come se si trattasse di una registrazione. Il linguaggio è popolare, diretto quando parla e racconta il personaggio Faussone, diventa pensoso, limpido, sempre preciso e accurato nella terminologia (ma anche le descrizioni di F. lo sono), quando a esporre i suoi pensieri è il narratore. La scrittura, anche quando l'autore si addentra nelle spiegazioni più tecniche, è sempre vivace oltre che limpida e non è mai noiosa. Può evocare il ricordo di scrittori come Verga, Svevo e perfino Joyce, sulla scrittura viene fatto l'accostamento anche con Pasolini, si è detto che sarebbe interessante sapere se i due scrittori intrattenessero relazioni e contatti letterari. Si è però notato che la struttura stilistica, con l'avvicendarsi di racconti e ambientazioni diversi, può dare un'impressione di frammentario, di una narrazione non sempre omogenea, sembra quasi che l'autore abbia assemblato il materiale, prendendolo da cassetti diversi della sua memoria.

I contenuti, la trama, i temi del romanzo ruotano intorno al tema del lavoro, del mondo del lavoro, che sembra toccare ogni territorio dell'umano sentire e sostanziare la vita stessa degli esseri sotto la luce di un valore, quello della responsabilità del proprio operato, e un rispetto, fondamentali per la libertà e l'esistenza stessa di ognuno. Vengono in questo quadro affrontati i temi legati alla distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale (quello dello scrittore), i temi legati alla dipendenza, se non alla schiavitù o meno del lavoro; l'autore, al riguardo, attingendo alle vicende ed esperienze socio-politico-sindacali, relative al momento storico in cui viene scritto il romanzo, sembra sostenere che il riscatto del lavoratore dalla sottomissione del lavoro avvenga attraverso un percorso di consapevolezza, di appropriazione della conoscenza dei meccanismi interni dell'operare, del prodotto anche, e che tutto ciò passa dal senso individuale di responsabilità, cura, dedizione. Quindi, tratteggia un'élite operaia che negli anni Sessanta sembrava farsi sempre più largo nel mondo del lavoro, diventando protagonista, successivamente, delle lotte per i diritti che caratterizzarono il periodo successivo. Faussone, prototipo dell'operaio-tecnico consapevole, trasmette ai suoi racconti la passione che lo pervade e che lo eleva moralmente, liberandolo dal giogo della dipendenza da un padrone, che peraltro non nomina quasi mai. Interessante e pregnante anche il tema della materia, il tema dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande (Levi è un chimico di formazione e anche per esperienza lavorativa), del rapporto con la natura, madre e nemica allo stesso tempo, e del rapporto insano e violento che l'uomo ha tenuto e continua a tenere con essa.

I personaggi, prevalentemente sono solo due, il narratore e Faussone, ma, lungo lo sviluppo dei racconti, ne appaiono altri, curiosi, interessanti, a volte patetici come le zie di F., che lo scrittore descrive, pure se con pochi tratti, in modo completo, capace di farceli vedere e penetrare, pensiamo al padre di Faussone, alle fidanzate proposte dalle zie sempre a Faussone, agli strambi individui, incontrati sul fiume in Russia, con poche parole dunque lo scrittore ci fa entare nei loro spiriti, li vediamo agire come se fossimo davanti al grande schermo di un cinema. Tornando ai due personaggi principali, Faussone è un uomo che si definisce sostanzialmente attraverso ciò che fa, cioè il suo lavoro, perfettamente delineato, a volte, regala momenti di ironia e divertimento, e anche tenerezza quando, ricordando le sue storie sentimentali, lo si sente così aggrappato alla sua libertà da suscitare tenerezza se non compassione per una vita sostanzialmente solitaria. Riguardo al personaggio del narratore, senza esplicitarlo, egli sembra parlarci del tema del lavoro come riscatto dall'esperienza del campo di concentramento e, ancora, del lavoro come leva morale che può salvare la vita dell'individuo quando egli si impegni e faccia del suo meglio e creda profondamente in quello che fa.

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