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2021-12-14 Luce d'estate: ed è subito notte di Jon Kalman Stefansson

 JON KALMAN STEFÀNSSON

Nasce a Reykjavik, Islanda, il 17 Dic 1963. Studia Letteratura all’Università d’Islanda senza però conseguire la laurea. Entra nel mondo del lavoro insegnando in un istituto superiore e scrivendo per un quotidiano. Si trasferisce per tre anni in Danimarca e al rientro in Islanda lavora come bibliotecario. Si avvicina alla scrittura componendo poesie. Il primo romanzo, ”Ditches in rain”, è del 1996 ma la sua prima opera tradotta in Italiano nel 2003 è “Crepitio di stelle”. Nel 2005 vince il Premio Letterario Islandese proprio con “Luce d’estate: ed è subito notte”. Nel 2017 viene candidato al Nobel per la Letteratura.

Islandese di origine ma  vicino all’Italia, a Settembre di quest’anno partecipa al Festival della Letteratura di Mantova per presentare la sua raccolta di poesie “La prima volta che il dolore mi salvò la vita”.


LUCE D’ ESTATE: ED È SUBITO NOTTE

Il libro ha stimolato un buon dibattito nel gruppo, ecco un riassunto delle nostre osservazioni:

·       Ho amato moltissimo il libro che è stato per me una vera scoperta. La poesia percorre tutte le narrazioni ed è estremamente penetrante. Nel libro si ritrova l’Islanda dei fiordi e delle fattorie. L’autore critica il mondo che va veloce, l’America che ti risucchia e ti lascia arido dentro.

·       Nello stile mi ha colpito il procedere per accumulazione di frasi: pagine senza punteggiatura che arrivano come piccole onde. Ricorda il minimalismo di quei racconti che non hanno una trama ma approfondiscono i personaggi come nelle pagine di Elizabeth Strout e Kent Aruf. Stefànsson ha però una delicatezza che gli autori Americani non hanno.

·       Non c’è molto compiacimento nella descrizione dei paesaggi, è sugli esseri umani che l’autore si concentra

·       Testo originale però a volte l’autore si dilunga troppo, la poesia invece ama la brevità. La vena lirica affiora ma è intermittente, ho rilevato un’ alternanza di toni e di registri. Ho faticato nella lettura

·       Stefànsson non mi piace per via della prosa un po’ lirica che vivo come retorica. Non ho amato l’affastellamento di situazioni spesso slegate tra loro. Tutto sembra un po’ costruito, è come se l’autore ci portasse in un mondo ideale che piace a lui. Le costruzioni sono poco autentiche, i personaggi sembrano un po’ delle forzature

·       Mi sono un po’ persa tra i tanti personaggi, considerando anche i nomi insoliti

·       Si avverte un richiamo all’essenzialità: non servono molte parole ma quelle giuste. Ritrovo il tema della casualità e del divenire

·       Nel paese in cui si svolgono le vicende non ci sono chiese perchè tutto è già sacro. È una sorta di panteismo

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