· Mi è piaciuto moltissimo, l'ho letto in fretta, sarebbe necessario rileggere. In genere non apprezzo i salti di tempo e di luogo, stavolta ho apprezzato il libro in tutte le sue parti, incluse le lettere che vanno e vengono. Mi sono piaciuti i due giovani, la loro simpatica amicizia che cresce. La scoperta dovrebbe essere di Jonathan ma anche Alex scopre cose che non conosceva. Al nonno, ricordo e rimorso, vengono tirate fuori cose che forse sperava di non dover far riemergere. Menzione d’onore infine per il traduttore, che mi fa desiderare di rileggere il libro in inglese.
·
Mi è piaciuto, l’ho trovato ipegnativo, denso,
tante cose espresse tutte in modo diverso. Ad esempio è efficace il linguaggio
di Alex, ha una profondità non raggiungibile altrimenti. Lettura da affrontare
con impegno, bella da leggere e rileggere. In italiano normale non si sarebbe
potuto esprimere così. Storia favolosa, ricorda Marquez. Le due sinagoghe, il
carretto, sembrano storie inventate. Ci si perde dentro il libro, spezzoni di
storia che stordisce. E poi la Storia, che è tragica, tuttavia narrata in una
forma non così pesante. Libro delle tristezze, libro delle memorie, sono
bellissimi, ma troppo intensi, non lasciano respiro. Molto bello, ma troppe
cose messe insieme. Le avventure del nonno strampalate. Mix di ambienti e
villaggi.
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Libro faticoso, preferisco strutture lineari,
complessità tale da non poterlo tenere in mano a lungo. Intrecci di storie
surreali, grottesche e anche reali, stile non scorrevole, innovativo ma
pesante. Libro fuori dagli schemi, mi ha destabilizzato. Rifiutato da dieci
agenti letterari, l’autore stesso ha detto che non lo riscriverebbe. Mi ha
preso il rapporto tra l’ingenuo e simpatico Alex e lo straniamento di Jonathan.
Alex non sa nulla del nonno che non vuole portare gli occhiali e piangeva
sempre, ma non per la moglie. Tema della memoria, che secondo l’autore dovrebbe
servire a illuminare il presente. Paura di commettere gli stessi errori.
Viaggio trasformativo, i ragazzi cambiati dall’esperienza, tutti più
consapevoli. Pensiero ricorrente, la banalità del male. Ucraini ostili con gli
ebrei, ma non lo vogliono vedere, a volte inconsapevoli. Lettura faticosa.
·
Libro bruttissimo nell’insieme, stupita dai
commenti positivi, non lo consiglierei mai. L’americano finalmente comincia a
interessarsi al paese, il ragazzo ucraino alla fine è maturato. Assurdo
mescolare tutti questi elementi, salti temporali non consentono di capire,
fuorviante. Non mi piacciono le storie inventate, mi è piaciuta invece la
storia di Augustine, il vestito macchiato di lacrime. La memoria è
caratteristica della popolazione ebraica, è giusto conservare la memoria, ma
non aiuta, non serve a niente. Forse nella famiglia sì, nell’intera popolazione
no. Perché ricordare tutto questo? Il film invece mi è piaciuto moltissimo, è
un film di sentimenti, il cane e il nonno sono buffissimi.
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Per me è stata una rilettura, nel libro ho
ritrovato il ritaglio di una recensione di Citati dell’epoca. Avevo dimenticato
quasi tutto, tranne il viaggio alla ricerca di Augustine, archivista di ciò che
è stato possibile conservare. Ricordavo una struttura semplice, invece ora
trovo tono e contenuti e salti temporali fuorvianti. Interessanti i rapporti
tra i due ragazzi, ma non ben delineati. Episodio fondamentale, durante
l’eccidio degli ebrei, la condanna a morte di un compagno da parte del nonno di
Alex, per salvare sé e la moglie. Straordinaria la parte dell’eccidio. In una
piccola comunità dove molti hanno una storia comune, c’è ricchezza identitaria.
Straordinario come un ragazzo di venti anni riesca a mettere insieme tutto
questo, dice Citati, e io sono d’accordo. Sono contento dello smarrimento
iniziale, il libro è bellissimo, una miscela di farsa e tragedia.
Finito
qui il contributo dei presenti. Quello che segue è un contributo che ci è
giunto scritto, da parte di un lettore che ieri non è riuscito a partecipare. L’aspetto
rilevante è il sovvertimento e la contaminazione fra generi letterari e codici:
non è storico, ma si rifà a un evento di più di 300 anni fa, è/ non è saga
familiare - ci sono lettere, ma non è epistolare, è di viaggio, on the road, ma
con un auto e suoi occupanti inverosimili e luoghi solo in parte reali. In
chiave sempre esplicitamente ambigua (vedi incipit del cap 1: “Trachim B. fu
bloccato, o non lo fu, dal suo carro”). La confusione è accentuata dal gusto
accumulatorio: “...strani relitti che venivano a galla: serpi girovaghe di
lacci bianchi che venivano a galla...”. Stupenda immagine. C’è la costante
giustapposizione di codici linguistici stridenti: dall’aulico desueto al
volgare gergale. Insomma, una gran confusione voluta: quello che i critici
chiamano ‘pastiche’ (quello per es. di Camilleri e, più complesso, di Gadda). Bravo
il traduttore ma chi può, apprezzerebbe con più gusto l’originale. La figura
più riuscita è il nonno, stizzoso e capriccioso senza inibizioni come molti
veri vecchi: esilarante - da teatro - in molte situazioni, per esempio in hotel.
Insomma: libro prolisso, fluviale, circonvoluto,
faticoso, ma con spezzoni di grande godimento. Postille: il fiume Brod è po’ il
fil-rouge della narrazione: ritorna alla fine con i corpi degli uccisi dalle
bombe (bombardamenti con tocchi più che mai barocchi). Un altro filo conduttore
sono i rapporti uomo-donna. Disordinati, casuali, precari (vedi i banchetti
nuziali e le prime notti, gli orgasmi che sono illuminazioni cosmiche, la
sveltina del nonno che si allontana dal banchetto etc…). È un continuo
febbricitante alternarsi dell’alto e del basso in un flusso di scrittura che
potrebbe non finire mai, come del resto non finisce l’ultima frase, in un
vortice in cui ruotano persone ed eventi e tutte e le identità si mischiano -
E’ la memoria e la conseguente scrittura che tutto illumina.
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