ISABEL ALLENDE
Nasce nel 1942 a Lima, Perù, dove la famiglia
si era trasferita per via del lavoro del padre. Quest’ultimo, diplomatico,
divorzia e lascia l’intera famiglia quando Isabel ha solo 3 anni. Isabel non lo
conoscerà mai. La madre torna in Cile con i figli dove Isabel, ospite del
nonno, inizia gli studi. La casa del nonno verrà poi evocata nel romanzo del 1982 che le darà la notiorietà: La casa degli spiriti. Nel 1953 la madre si risposa
con un altro diplomatico. Quindi la famiglia si trasferisce in Bolivia, poi in
Europa e Libano. Isabel lavorerà anche alla FAO in Cile. Si sposa ed ha due figli.
Si dedica al giornalismo e all’esperienza teatrale. Lavora per la televisione e
scrive per la rivista femminile “Paula” dove la sua rubrica riscuote grande
successo. Dopo il colpo di stato in Cile del 1973 si impegna a trovare asilo
politico ai perseguitati del regime. Nel 1975 lascia il Cile e si trasferisce
in Venezuela dove resta nel 1988, in autoesilio. Il primo romanzo viene
rifiutato da tutte le case editrici latino americane perchè firmato da un nome
sconosciuto per di più donna. Viene però pubblicata a Barcellona ottenendo
grande successo. Nel 1988 divorzia e si risposa e si trasferisce in California dove
tuttora risiede. Vince l’American Book Aqwards. La figlia Paola si ammala gravemente,
entra in coma e dopo un anno muore. Nasce da questa terribile tragedia il libro
Paula. Nel 2000 partecipa alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Torino
portando la bandiera olimpica. Nel 2015 si separa anche dal secondo marito. In
tempi recenti si dedica alla stesura di libri per ragazzi. Riguardo
all’ispirazione, l’autrice racconta che quando inizia a scrivere non ha un piano
iniziale: i personaggi e la storia si creano da soli. Ha scritto anche romanzi
storici e gialli. La sua opera è stata
classificata nell’ambito del genere Nuovissima Letteratura che pone l’accento
sulla storia, sulle donne e con componente umoristica
LUNGO PETALO DI MARE
·
Il libro non mi ha emozionato.
L’ho trovato lineare, un romanzo che non supera mai la soglia della normalità. Mi
è parso interessante più che altro dal punto di vista storico. Storia che è filtrata
dall’amore della scrittrice per il paese
·
Victor, molto umano e sensibile, è
un bel personaggio. Roser invece sembra un personaggio forzato
·
Scrittura piana, che non mi ha suscitato
pathos. Autrice autorevole che ha scritto 24 libri tradotti in 42 lingue
vendendo più di 74 milioni di copie. La narrazione fa rifettere sulla ciclicità
della storia: pensiamo infatti alle migrazioni di oggi, ai venti di
totalitarismo che si respirano nel nostro tempo. Questo dice in un’intervista
l’autrice: “Penso che nelle circostanze estreme come la guerra, l’esilio,
emergano il meglio e il peggio dell’essere umano. Possiamo vedere chi sono i torturatori
e gli eroi. Scrivo di questo, perchè mai dovrei scrivere di una coppia borghese
qualsiasi il cui unico problema è decidere quale vino offrire agli ospiti? No.
Voglio la catastrofe, voglio la guerra. Voglio la tragedia. È di questo che
sono fatti i libri”
·
Ho sentito molto il libro, forse
anche perchè quello che è successo in Cile ha influenzato la politica Italiana.
Del conflitto in Spagna invece si parla e si scrive poco. Nel libro ho
ritrovato l’amore per una terra molto particolare: la natura del Cile è
grandiosa
·
Il finale è un colpo di scena fantastico che
lascia un messaggio positivo. Allende ha scritto anche libri di cucina afrodisiaca
e in effetti nell’ultima parte del romanzo sembra quasi di percepire il profumo
dell’arroz negro. La trama potrebbe essere un’ottima scenegiatura per un radio
dramma. Il doppio binario, storico e umano, è molto bello
·
Il libro si legge bene, è
scorrevole. Non ho trovato però nulla che susciti pathos. Ho provato invece
rabbia nel notare che la storia si ripete ancora. Forse il personaggio più
coerente è l’amico Felipe del Soler. Trovo che il finale sia prolisso. Dal
punto di vista storico mi ha infastidito l’apprendere che Pablo Neruda abbia selezionato
le persone da portare sulla nave: intellettuali, progressisti, persone che
avrebbero potuto arricchire il Cile. Risulta quindi evidente che quelli che si
sono salvati sono stati i benestanti
·
Riconosco agli autori di questo
tipo di romanzi il merito di affrontare questioni importantissime. Il libro mi
ha dato l’opportunità di ripercorrere la storia del conflitto in Spagna che ha
subito un processo di rimozione anche in Italia. Un film che riporta alla luce
gli eventi storici di quel periodo, dimenticati, “Dos Madres” di Almodovar. L’autrice ha una
tensione etico-morale-politica fortissima per cui riconduce le vicende dei personaggi
alle lotte politiche e storiche. Non è riuscita a trasmettermi emozioni per via
di uno stile troppo letterale che non mi tocca molto
·
È una scrittrice che non mi
appassiona. Il libro invece mi è piaciuto abbastanza e lo consiglierei. Allende
narra cose tremende e dolorose sempre con tono gentile, di distacco. Nella sua
scrittura si trovano gli opposti: la
brutalità e la forza dell’amore, la sofferenza e la speranza anche in
vecchiaia. Nelle sue storie il cerchio si chiude sempre, forse anche troppo
cedendo il passo alla banalità
·
Un bel romanzo riconciliante: ci
sono i buoni, i cattivi, l’emancipazione femminile e molti altri temi. Le
ultime 50 pagine però rasentano la
telenovela
·
Invito a riflettere sul cognome
dell’autrice: l’occhio con cui guarda alla realtà è quello del presidente
Allende (cugino del padre) di estrazione illuminista, socialista. Stenta quindi
a capire i movimenti rivoluzionari. Nel
romanzo tutti si ritrovano, non si dimenticano e tutti si vogliono bene. E’
giornalistico come stile, compilativo. Nel gioco di analisi è schematico.
·
È un “romanzone”, in alcuni punti
assume le caratteristiche di un feuilletton
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