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2023-04-11 Mi chiamo Lucy Barton di Elizabeth Strout

 La scrittura, lo stile del romanzo “Mi chiamo Lucy Barton” di Elisabeth Strout hanno un incedere pacato, il linguaggio è scorrevole, apparentemente molto semplice. Eppure ciò che viene narrato ha una densità e profondità altissime. In qualche caso si è notato un modo quasi informale della voce narrante che in un dialogo virtuale si rivolge direttamente al lettore, rendendo la narrazione della storia ancora più coinvolgente e “vera”, La storia si dipana con un ritmo quasi lento, procedendo per sottintesi, toccando tasti drammatici e temi, come vedremo più avanti, molto forti e intimi, ma le emozioni, i sentimenti restano come accennati e sotterranei, mai esplicitati.

I personaggi, dalla protagonista che narra la storia, saltando da un periodo a un altro, tornando spesso indietro o saltando avanti, fino agli altri che si succedono, emergono soprattutto attraverso le vicende che li riguardano. Il più delle volte queste, ivi compresa quella della protagonista Lucy Baryon, girano intorno alle loro famiglie e ai relativi vissuti. In evidenza è la storia della voce narrante che racconta della sua famiglia e della sua infanzia colpite da ristrettezze e drammi, e del rapporto con la madre che si esprime in un tardivo incontro quando la protagonista, in un letto di ospedale, ormai donna adulta, riceve la visita della madre che si prolunga per cinque giorni. La visita è un'occasione centrale nel romanzo per comprendere la natura della relazione tra madre e figlia e il carattere di entrambe. Nel gruppo è stato sottolineato con un certo soddisfatto stupore l'atteggiamento di Lucy Barton che, malgrado i traumi infantili, non prova rancori o rabbie verso la madre.

Il contesto è quello di un'America che, piena di contraddizioni, mostra una situazione sociale molto critica, contraddistinta da situazioni polarizzate di ricchezza e povertà, estreme entrambe. A questo si affianca una situazione di emarginazione sociale che va di pari passo con i miti del successo e del denaro, questi ultimi sembrano condizionare la vita di tutti e condannare chi è privo di mezzi, soldi, potere, posizione, a un'esistenza misera e condannata. Dominano l'ipocrisia, il perbenismo, e una certa meschinità.

I temi che caratterizzano il romanzo sono tanti e rieccheggiano il contesto in cui si svolge la storia, anzi, le storie. A questo proposito vale la pena notare che l'autrice ha molto a cuore il tema della scrittura e del senso dell'opera dello scrittore che per lei ha la responsabilità, forse, il dovere di narrare storie, riportare eventi, vicende che siano profondamente veri, reali nella loro essenza, ancorati alla sua idea e visione del mondo in generale e in particolare di quello americano. La missione dello scrittore secondo Strout è quella di essere spietato, di scrivere verità anche molto scomode e brucianti. Attraverso le storie, per esempio, quelle che si scambiano madre e figlia, la scrittrice tesse il vissuto profondo della loro relazioone senza bisogno di rivelazioni, confessioni. Il tessuto di questa esperienza aiuterà la protagonista a trovare la propria identità, a rintracciare il senso del suo vissuto drammatico di bambina fino all'età adulta e anche di operare alcune scelte come la separazione dal marito. Sempre riguardo ai temi, oltre a quelli legati al panorama sociale della vita americana sia quella della città come New York (l'evocativo grattacielo Chrisler che la protagonista vede dalla sua finestra di ospedale) sia quella della campagna (del paese del Maine dove è nata), risaltano quelli della famiglia disfunzionale, del mancato compito affettivo che condiziona la vita e la crescita del bambino e dell'essere umano, il tema della solitudine come un buco senza fondo (nei malati di Aids, nel rapporto tra marito e moglie, o madre figlia), il tema del sogno americano, caratterizzato dall'ipocrisia, la guerra che incide drammaticamente nella vita di chi l'ha dovuta fare e nelle vite di chi è a lui connesso (il padre della protagonista traumatizzato per sempre)

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