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2022-04-12 L'ultima parola di Hanif Kureishi

HANIF KUREISHI

Hanif Kureishi nasce nel 1954 da padre pakistano e madre inglese, ed è da questa condizione di figlio di due culture che osserva il mix di popoli attuale in un paese come l’Inghilterra che ha una storia di colonialismo. Affina il suo sguardo anche sulle relazioni tra persone, diventa presto drammaturgo e sceneggiatore (Oscar per My beautiful laundrette). Il Buddha delle periferie, sceneggiato tratto dal libro omonimo, lo rende famoso in tutto il mondo. Ha compiuto i suoi studi al Royal King's College di Londra, ed è interessato anche alle tematiche religiose. Amico di Salman Rushdie, si esprime sul fondamentalismo islamico.

 

L’ ULTIMA PAROLA

Di questo libro non salvo nulla, ma non conoscevo l’autore perciò non ho termini di paragone con altre sue opere.  Si dilunga, si disperde, non mi piacciono i personaggi, che sono dei vuoti a perdere. Insostenibile leggerezza dell’essere. La trama è squallida, l’intervista a uno scrittore pur di trovare un qualche scandalo. Tre mogli, una suicida, una lo lascia, una italiana dunque esuberante. Attendo il vostro commento, per me è la struttura del libro che non regge, al di là delle intenzioni artistiche, non mi pare riuscito.

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Irritante questo pansessualismo dove tutti vogliono portarsi a letto tutti. Mamoon inverosimile, anche se riflette lo stesso autore, ne è molto lontano. Letterato trattato come un dio, mondo editoriale improbabile, pagine ripetitive con pourparler fatuo, intellettuali cinici, il libro non mi ha dato niente. Conoscevo Mezzanotte tutto il giorno, decisamente migliore con i suoi racconti brevi. Talento c’è, ma si è arrovellato su un letterato e un aspirante tale, già introdotto nel mondo editoriale. Mi urta proprio il personaggio in sé.

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Conoscevo l’autore solo di nome, se possibile vorrei peggiorare ancora il giudizio su questo libro, un passo falso, un’occasione persa. L’idea in sé, del gioco di specchi, poteva essere interessante, “alla maniera moderna”, ma non è riuscita. Anche la convivenza in campagna tra etnie diverse si perde, e non si capisce perché Mamoon è famoso. Nessuna buona volontà a vedere le cose più nel profondo, grande scivolone. Non ci sono sentimenti, tutto piatto, non si affronta neppure il tema dello straniero che diventa famoso in Inghilterra.

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Di primo acchito la reazione è stata di fastidio, poi l’ho rivisto come se fossi a teatro, personaggi di una pièce. Così ho visto uno che cerca di trarre dall’altro cose che l’altro non vuole dire, un giovane autore alle prese con un’ “auto”biografia, con scene un po’ forti ma teatralmente funzionali. Così non mi è dispiaciuto. Il declino della vita di uno scrittore si rispecchia tra quella di Kureishi e Mamoon, ma c’è ancora orgoglio. Il vecchio stanco si prende gioco del giovane e cerca la libertà (è sulla libertà che si chiude il libro), tutto volutamente portato all’estremo.

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Non mi ha coinvolto per nulla, condivido i pareri negativi. Qualche riflessione qua e là sul mestiere di scrivere, un cialtrone capriccioso che non accetta di mettersi da parte. Ho provato allora simpatia per il giovane che si è rivelato poi poca cosa, immaturo superficiale egocentrico eterno adolescente. Cede alla pressione dell’editore. Non si salva una sola figura di donna, tutte intellettuali, ricchissime e annoiate, vivono di riflesso e sono dipendenti da Mamoon anche se non sembrano stupide. Mi ha spiazzato la parte finale. Libro scritto per vendere.

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Egocentrismo, fascino e capricci dei personaggi famosi. Tutti i personaggi hanno forti valenze negative ma mi interessano i libri che parlano di limiti della natura umana e Kureishi in questo è un campione. Non penso sia scritto per guadagnare, il sesso è presente in tutti i suoi libri, la sua è una visione maschile. Racconta di donne che hanno relazioni con personaggi famosi, a volte sono vittime, a volte grandi donne non riconosciute. Maschilista, tuttavia teatralmente profondo. Egocentrico e perverso ci scrive qual è il tormento di quest’uomo, meschino a volte, a volte no. La ricerca gli sta a cuore in modo onesto. Pressioni dell’editor, confronto con lo scrittore, mancanza di soldi. Alla fine però ho fatto fatica e non mi è piaciuto. Per alcuni aspetti mi ha ricordato Pinter, con la messa in scena dei limiti e dei difetti della natura umana.

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