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Scorrevole, ma
un po’ superficiale, mi ha lasciata fredda. Storia scarna, un po’ come acqua
fresca. Scrittura esigua, anche se ci sono riflessioni sul rapporto
padre-figlio. “Testimone inconsapevole” è più convincente forse perché l’autore
è più ferrato sulle dinamiche del giallo.
Mi ha convinta, soprattutto il personaggio di Antonio, ferito
da una malattia che si fa fatica a nominare. Il padre mi è piaciuto di meno
perché molto riservato e l’incontro con il figlio gli offre delle possibilità
in più di conoscersi.
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Mi mancava la
forza del linguaggio, venendo dalla lettura di Bufalino. Non mi ha convinta del
tutto come invece la figura dell’avvocato Guerrieri. Questo libro è un po’
artificiale, anche se i temi sono belli: il
confronto padre-figlio, la rivalutazione della madre, la città di
Marsiglia.
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L’avevo già
letto e la rilettura mi ha toccato corde profonde. Ho trovato bellissime la
descrizione del primo attacco di epilessia e della malattia, la speranza nelle
cure, la dipendenza dai medicinali che rendono il figlio “sognante”.
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Tocca dei punti
che non volevo rivangare. Mi stava interessando, ma poi sembrava che volesse
realizzare una cosa più profonda di come è riuscita. Mi sono piaciuti la poesia
dell’autore greco e i libri che consiglia.
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Non mi è
rimasto molto del libro. Il rapporto tra i due è troppo angelico, molto
costruito e le descrizioni ridondanti, forse un po’ forzate.
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Amici con un
figlio che soffre di epilessia mi hanno consigliato questo libro. Mi è piaciuta
la scorrevolezza. Proietta il desiderio di tanti padri di trovarsi in una
situazione fuori dalla norma ma sviluppa una fantasia poco reale di avere
questo tipo di rapporto con i figli. L’ambiente notturno mi piace molto perché
cadono le barriere, ma fa anche paura. Forse l’incontro padre-figlio è un
sogno. La scelta di Marsiglia è conturbante. Parla di una malattia di cui non
si fatica a parlare.
Scrittura facile, forse pecca un po’ di superficialità. Mi ha
colpito l’assuefazione del ragazzo alle medicine e forse le usava come alibi
per non crescere. Il padre è generoso e cerca un riscatto nei confronti del
figlio. Bello il tea di non conoscersi, come spesso accade tra padri e figli.
Dal punto di vista linguistico è quasi banale, ma mi ha risvegliato ricordi che
mi hanno toccato. Un po’ artificioso, ma efficace.
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All’inizio
volevo lasciarlo perché troppo intriso di banalità. Non è letteratura. L’unica
frase bella è quella di Fitzgerald.
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E’ un autore
tra i più amati e acquistati. Letto rapidamente e con piacere. Racconto lungo
più che romanzo. Anch’io non ho colto la profondità nel descrivere la malattia.
E’ un romanzo di formazione e di iniziazione. Dietro l’ovvietà forse si
nasconde la saggezza.
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Forse ho letto
tutti i suoi libri e forse questo è uno dei suoi minori. Ho ritrovato nel padre
il mio, che non temeva di confidarsi o di piangere. Anche tra loro c’è
intimità. Poi il padre muore e l’occasione è persa. Bello il tema della
diversità: il ragazzino deve trovare delle modalità per resistere alle
difficoltà e quando guarisce tutto diventa normale. Punto di vista di grande
saggezza razionale.
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Storia dolce e
delicata, racconta la quotidianità ma anche temi più seri, come quello del
talento che va sfruttato. Bella l’occasione di scoprirsi tra padre e figlio.
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Sa tenere alta
l’attenzione, è un libro che ho letto d’un fiato. Mi è piaciuto l’escamotage
del viaggio in un posto sconosciuto che permette ai due di scoprirsi e di
conoscersi. E questo permette al figlio di crescere e al padre di stringere con
lui un rapporto finalmente saldo e amorevole. Ci sono alcuni momenti di caduta,
un po’ ridondanti, ma è scorrevole anche se non mi ha lasciato qualcosa di
profondo. Una cosa che non ho capito è perché si sia lasciato con la moglie.
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