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Brevemente risplendiamo sulla terra di Ocean Vuong

 Report 29 gennaio 2021

Ocean Vuong, Brevemente risplendiamo sulla terra, La Nave di Teseo, 2020

Little Dog, il protagonista e voce narrante, ricostruisce in una lettera alla madre la storia della sua famiglia, segnata dalla guerra del Vietnam e dall’emigrazione negli Stati Uniti. Arrivati in America nel 1990, Little Dog e sua madre Rose si stabiliscono in Connecticut, dove lei si mantiene facendo manicure e pedicure. Ma la donna soffre di un disturbo da stress post-traumatico che la porta a gesti di tenerezza assoluta alternati a violenti scoppi d’ira contro il figlio. Con loro abita la nonna Lan, che ha vissuto il dramma della guerra in prima persona: fuggita da un matrimonio combinato con un uomo molto più anziano, si è trovata costretta a vendersi ai soldati americani per mantenersi. Il romanzo è una straordinaria storia di formazione che, attraverso il legame d’amore tra un figlio e una madre, parla di identità, di differenza, di migrazione, di omosessualità, di come si diventa cittadini di un altro Paese, in una società non sempre in grado di riconoscere e apprezzare la diversità. E lo fa con una scrittura intensamente poetica. Un romanzo imperfetto ma potente, dalle innumerevoli chiavi di lettura.

Ocean Vuong, pseudonimo di Vương Quốc Vinh, uno dei più promettenti poeti americani contemporanei, nasce a Saigon, Vietnam, nel 1988. Ancora bambino arriva negli Stati Uniti con la madre e la nonna, che non impareranno mai la lingua della nuova patria, nel 1990 acquista la cittadinanza statunitense. Ha esordito con la raccolta poetica Cielo notturno con fori d’uscita, con cui ha vinto diversi premi tra cui lo Stanley Kunitz Prize for Younger Poets. Vive oggi a Northampton, Massachusetts.

Fabio

Comincio dai Ringraziamenti, che mi hanno colpito per due motivi: 1) l’accenno a Baldwin, autore letto nel gruppo recentemente, che mi sembra una coincidenza interessante; 2) il secondo è Roland Barthes che nel GDL dell’Ortica di cui alcuni di noi fanno parte, prossimamente leggeremo Frammento amorosi di Roland Barthes , già queste erano coincidenze non da poco

ma la cosa che mi colpiva di più era il riferimento a Ben Lerner autore americano che ho scoperto nel 2020. Lerner ha qualche anno più di Vuong ma hanno in comune che entrambi nascono come poeti, come d’altronde un altro autore che amo J.K. Stefansson. Il testo di Vuong mi ha richiamato anche Transizioni, di Pajtim Statovci, un autore albanese, per i contenuti e temi, soprattutto il tema dell’emigrazione e dell’identità sessuale; mi sembra quindi che la narrativa contemporanea porti a galla questi temi che sono aspetti forti della società.

In Vuong non ci sono solo questi due temi, ma una ricchezza di temi non da poco. Il problema è come poi questi temi vengono trattati . Ho molto apprezzato l’intervista della traduttrice a Vuong in cui Vuong ha detto cose per niente scontate e banali come il riferimento a Melville che io sinceramente non ho molto presente, come elemento di rottura sociologica, lui dice che Melville per primo ha dato voce ai lavoratori del mare e lui sicuramente da questo punto di vista si mette in questa scia perché qui c’è ampio spazio al lavoro duro della madre nel centro estetico, al suo lavoro nella piantagione di tabacco . all’interno di questo un’importanza , una voce forte di una seconda generazione , che abbiamo già visto in altri libri, lui stesso dice: la seconda generazione che tradisce la prima perché assume la veste, la maschera del paese di arrivo e qui c’è la cosa bellissima della lingua, in cui la maschera è la competenza linguistica, mi riferisco in particolare al brano della coda di bue quando la mamma cerca di ordinare la coda di bue al supermercato macellaio che non la capisce perché non parla inglese. La lingua come ostacolo alla comprensione un tema a me molto presente per la mia esperienza con gli stranieri, un tema che mi affascina (ho presente quel bellissimo racconto autobiografico L’analfabeta di Agota Kristof e il romanzo Vivere altrove di Marisa Fenoglio), non è l’unica sequenza memorabile quella della coda di bue, ne aggiungerei almeno altre due dal mio punto di vista: quello della mamma che nel centro estetico massaggia la gamba che non c’è più e quello del funerale della nonna in Vietnam con la presenza di omosessuali in un paese in cui l’omosessualità è ancora un tabù.

E poi le due metafore, che mi piacciono tantissimo, delle farfalle e dei bufali che mi ritornano in mente, questi bufali che corrono verso il precipizio, che senso ha tutto questo? Ed è un tema che Little dog discute con Trevor: perché i bufali non si fermano? Perché i politici non si fermano?

Ultimo punto: il modo in cui lo racconta, la scelta narrativa è evidente, è poetico, direi che lo apprezzo molto come scrittore, meno come romanziere , la tecnica è quella dell’accumulo di immagini, in alcuni momenti si riesce a seguirlo meglio in altri in cui non lo si segue più

io mi sono lascito prendere da tutto questo e ho trovato il libro bellissimo

Anna D

non mi dilungo, Fabio ha già detto molto, so che questo libro ha suscitato in me emozioni fortissime, è un libro che in parte ho già riletto e che rileggerò, non mi lascerà tanto facilmente. Sul tema della migrazione mi ha colpito il racconto di quando lui segue un corso di letteratura italo americana durante il quale viene letto Cristo fra i muratori, ma poi c’è il tema della lingua... Sono tante le osservazioni che si potrebbero fare, come quando racconta che Trevor si è ritrovato drogato per aver assunto un farmaco: la casa farmaceutica aveva sempre assicurato che non creava assuefazione, invece essendo un oppiaceo finiva per dare dipendenza. Ci sono tante altre piccole cose che a una prima lettura possono sfuggire, come l’episodio dell’alce che resta intrappolata in una tagliola e scappa via, o il cerbiatto impagliato... Pochi libri mi hanno emozionato in modo così forte e potente. Il libro di Vuong è opera complessa, anche perché l’autore è in prima istanza un poeta e trasferisce questa profondità di sguardo nella sua narrazione in prosa, infatti sa cogliere e, soprattutto, sa raccontare le vite poste al margine viste nella difficilissima impresa di amare e amarsi malgrado la violenza subita e agita. Un crogiolo di diversità che può spaventare se non respingere. Le pagine sull’amore tra i due ragazzi, sono potenti e struggenti, possono turbare per il pulsare esplicito della vita e del desiderio; l’ ambiguità dell’amore materno, sempre in bilico tra repulsione e attaccamento, può infastidire, perché troppo lontano dal nostro immaginario. Libri come questo trasmettono il senso profondo della fragilità dell’umano.

Cinzia

Sofferto, straziante e allo stesso tempo pieno di grazia. Coniuga l'orrore con il sentimento, la chiarezza della visione con la potenza dell'immaginazione. Si avverte l'urgenza della scrivere e l'attenzione che si fa cannibale, l'occhio che diviene bocca, e viceversa, perché i colori hanno sapore e i sapori odori, e l'innocenza resta pura (rileggendo, l'affermazione è forte, quel che voglio dire è che Vuong - a me pare - "in mancanza di parole" è talmente immerso nella realtà con tutti i sensi, come un neonato che non fa distinzione tra il proprio corpo e quello della madre). Quel che colpisce è l'innocenza vera, che non si fa mai colpevole, perché come dice Bajani https://ilmanifesto.it/ocean-vuong-tra-se-e-il-trauma-la-distanza-della-lingua/ la parola non detta è perdono, è solo attraverso il perdono - l'amore - che Vuong può restare puro. Ha detto Simone Weil che "l'attenzione è la forma più rara e più pura della generosità. A pochissimi spiriti è dato scoprire che le cose e gli esseri esistono. Fin dalla mia infanzia non desidero altro che averne ricevuto, prima di morire, la piena rivelazione". Certamente ne ha avuta rivelazione Vuong, e così la madre analfabeta, con il vocabolario di una bimba di sette anni. Ma è la ricerca della bellezza che salva tutti loro, il nonno acquisito che fugge dal padre violento, la nonna Orchidea e la mamma Rosa, e tutti, come i bufali e i macachi e i vitelli andiamo insensatamente incontro alla morte. Nonostante il tu, e nonostante quel che dice Andrea Bajani (vedi sopra), non ci sentiamo - non mi sento - voyeur, perché è così accorata la sua preghiera, così perfetta la sua concentrazione che lui è dimentico di noi, ecco è proprio questa sua assolutezza a renderlo perfetto, e puro. Tutto il contrario del danzatore Bolle :-) (che non perde mai l'attenzione e la concentrazione su di sé) La sua scrittura è così immediata - non mediata né dall'ufficialità, né dell'istituzione - che (grazie alle parole da lui finalmente conquistate) riesci a vedere quello che lui vede, a sentire quello che lui sente. Vuong è un queer sin dalla nascita, un "senza pelle" (come - tra gli altri - Alda Merini) a cui è toccata in sorte una vita eccezionale. O forse la sua vita è eccezionale perché lui è queer, cioè fuori dagli standard, o dagli schemi, se preferite. I bufali e le farfalle che nelle loro migrazioni vanno a morire sono l'insensatezza della vita sulla terra, dove tutti brevemente risplendono.

Libro "immenso", che corrisponde all'immensità della persona e dell'esperienza. I due ragazzi - Little dog e Trevor - hanno trasformato la guerra tra i loro due paesi - USA e Vietnam - in amore. Trevor così americano e violento - così infantile, senza madre e con un padre alcolizzato - Little dog così dolce e sottomesso, così permeato di Oriente, così permeabile nel suo essere "senza pelle". La sua sincerità è disarmante, toccante. Nell'episodio dello scuolabus, a pagina 37, ho avvertito intera l'innocenza dei bambini, che - a dispetto di tutto - Vuong ha saputo conservare. Uno i quei rari casi in cui la poesia salva la vita, del poeta ancora prima che del lettore.

Betta

Ho trovato il libro di difficile lettura. Confesso di averlo letto in un momento in cui avevo particolarmente bisogno di rilassarmi e quindi avrei fatto meglio a cambiare libro dopo qualche pagina e rimandare la lettura ad un altro momento, ma non sono riuscita perché era come una calamita: da una parte mi arrabbiavo perché il tipo di scrittura mi costringeva a concentrarmi e a rileggere le pagine che non riuscivo a comprendere subito, dall’altra ero attratta dalla liricità di molti passaggi che si alternavano con la forza di contenuti non solo personali ma anche politici e sociali. Allora ho finito di leggerlo mantenendo questo duplice sentimento e ripromettendomi di riprenderlo a ridosso del nostro incontro.

La seconda lettura è stata più facile. Nel frattempo avevo letto molte recensioni e alcune delle sue poesie tratte da “Cielo notturno con fori d'uscita” ritrovandovi peraltro molte parti del libro.

Sono riuscita allora ad entrare nella forma di scrittura dell’autore fatta di immagini poetiche alternate con la narrazione della propria terribile storia: la tragedia della guerra nel paese di origine, l’emarginazione, il razzismo… E dentro tutto questo dolore c’è la volontà di trovare la propria identità fatta di culture tanto diverse, della sua omosessualità, delle sue aspirazioni per il futuro.

Tra le tante cose mi ha colpita la consapevolezza del valore profondo della parola come unico mezzo di sopravvivenza e di difesa. E’ commuovente come il ragazzo si impegna per fare da interprete alla madre: la parola fa da ponte tra le due culture e garantisce la memoria della sua origine e della sua famiglia; al contempo è l’unico elemento che gli consente di esprimere sé stesso e di rivolgersi al futuro.

Pur rimanendo dell’avviso che nel complesso si tratta di un libro impegnativo alla fine l’ho apprezzato; è valsa la pena rileggerlo.

Mitti

all’inizio ho fatto molta fatica per questo ritmo così spezzato che non è facile, ma la memoria si costruisce così, non c’è una linea cronologica, ma un fiume di ricordi e di eventi uno collegato all’altro con una logica interna; quindi all’inizio fatica poi ha cominciato a interessarmi, sopratutto la lingua, si capisce che Vuong viene dall’esperienza della poesia e questa scrittura è davvero bellissima in certi punti e quello che trovo interessante è il contrasto tra questa scrittura così bella, così poetica e il contenuto squallido, disperato della narrazione, questo contrasto mi è sembrato molto interessante e singolare, poi ci sono tante cose per cui credo abbia ragione chi ha detto che occorre rileggerlo, perché è talmente denso. Mi piace come descrive luoghi e persone della provincia americana dove questi giovani non hanno futuro, come parla dei suoi amici più o meno tutti drogati mentre lui si è salvato grazie alla scrittura e alla cultura che si è costruito da solo e anche questo è commovente.

Dunia

a me è piaciuto, ma anch’io, verso la metà del libro, quando parla delle esperienze con Trevor l’ho trovato lungo, anche troppo. Poi però il resto mi è piaciuto. Ci sono scene che mi hanno colpito, in senso negativo quella in cui mangiano il cervello della scimmia viva che per me è stato uno choc, le altre cose positive, per non ripetere quelle già dette, quella ad esempio in cui lui bambino telefona e ordina la biancheria intima per la madre che non sa parlare inglese per cui lui diventa l’interprete della madre, poi la figura del nonno acquisito che è una figura bella, tra l’altro anche Little dog quando scopre che non è il nonno vero dice: preferisco continuare a chiamarti nonno, e gli piace

quando il nonno lo presenta alla vicina come suo nipote con un senso di orgoglio. Anche la storia di questo nonno, andato in guerra in Vietnam per ripicca nei confronti del padre che gli ha impedito di andare alla scuola di musica, risulta una figura simpatica.

Mi ha colpito quando la mamma più volte gli ripete di non attirare l’attenzione su di sé perché già essere vietnamita è una cosa grossa non era il caso di aggiungere altri problemi. Il libro è una lettera alla madre che però non lo leggerà perché non conosce la lingua, perché non sa leggere, verso la fine del libro dice alla madre: so che tu credi nella reincarnazione e magari ti reincarnerai in una bambina che avrà una casa piena di libri e magari troverai questo mio libro e ti ricorderai, è un modo per immaginare che in qualche modo questo libro possa arrivare alla madre. Un’altra cosa che mi ha colpito: arrivati negli Usa nel 1990 Little dog scopre subito il colore, la nonna che in Vietnam era considerata scura qui appare chiara, la madre che è più chiara può sembrare bianca, il colore assume valori diversi.

Mi spiace che non ci siano Lella e Fiorella che hanno dato giudizi negativi molto tranchant, e mi sarebbe piaciuto sentirle

Maria Rosa

Sintesi : linguaggio fascinoso. Non ho apprezzato solo la parte dove e’ molto esplicito il sesso

Il libro ha tre àncore: Famiglia, Amore (fisico, familiare, accettazione degli altri), Lingua.

La sintesi di tutto è la parola KIPUKA (porzione di terra salvata dalla lava). La lingua lo aiuta definire in modo preciso situazioni particolari.

Lui e’ travolto da tutto: dalla famiglia composta solo da madre (violenta, per la storia personale) e nonna (dolcissima, anche se ha avuto una vita difficilissima, al punto di prostituirsi per mantenere la figlia); dall’amicizia, impersonata da un amico che lo ama, ma lo induce anche a farsi e lui non inizia a drogarsi perché ha paura del buco. Insultato, emarginato … gliene succedono di tutti i colori, eppure lui si salva grazie alla lingua. L’appropriarsi della lingua diventa la sua àncora di salvezza. Questa e’ la cosa più bella del libro.

Se “Kipuka” fosse stato il titolo del libro, l’avrei molto apprezzato, perché mette insieme lingua, solitudine (è una porzione di terra isolata), salvataggio (è terra che si salva, che sopravvive).

Sono tra quelli che ha apprezzato molto il libro. Unica pecca, forse, non è stato “rivisto”, non è stato reso fluido il racconto, ma, essendo un poeta, preferisce esprimersi attraverso immagini e non attraverso un racconto che “fili”.

Gianna

è stato un libro che ho letto molto volentieri, e con molta fatica, ma la fatica e il piacere a volte possono andare insieme, il fatto di non aver capito, a volte, il linguaggio, perché il linguaggio non è facile è un linguaggio ermetico, si vede bene dalla poesia , epperò mi ha consentito di abbandonarmi; altre volte mi è successo che pur non capendo ho sentito la musicalità di questo linguaggio che affrontava dei contenuti molto forti ma che riusciva a esprimerli. La sintesi di cui parlava Maria Rosa, che non è facile con un libro come questo che è frammentario, si basa sulla frammentarietà propria della memoria, è questa cornice, questo contenitore che è la lettera alla madre, che contiene tutto perché contiene la storia dell’emigrazione e quella dell’immigrazione. A me è piaciuto molto quest’aspetto che a volte nei libri si parla spesso dei problemi che l’immigrato trova nel paese dove capita, dove a volte va a vivere solo di passaggio, Quello da cui proviene non è sempre portato alla luce, in questo caso invece si perché la figura della mamma e della nonna rappresentano proprio la fuga da un paese in guerra dove la guerra si vede, ci sono le bombe, i fucili, ci sono i soldati che violentano, tutta una serie di immagini, sempre come fa l’autore, per lampi, ma che ti danno l’idea. E poi c’è questa cosa dell’immigrazione, quando loro arrivano si vede il personaggio principale che è la voce narrante che si porta dietro quello della sua famiglia che lui vuole trattenere attraverso appunto la lingua; a me ha colpito tantissimo questo potere che l’autore dà alla lingua perché è una lingua che corrisponde all’identità, un’identità rosicchiata, quella della madre e della nonna, ma potente in lui che riesce invece ad avercela, attraverso la lingua lui diventa quello che diventa. Questi sono i temi che mi hanno più appassionato. Un altro

tema è questa generazione di migranti che arrivano nel paese e formeranno il nostro futuro, irrimediabilmente perché sarà così, e lui riesce a far capire come Little dog faccia da tramite, da ponte, faccia da intermediario che consentirà poi alle nuove generazioni di buttarsi dietro il passato e di aprirsi al futuro. Ecco questo è un’immagine, che qualcuno ha già detto, che mi è piaciuta molto perché anch’io l’ho vissuta un po’ così. L’ultima cosa che vorrei dire è la lunga parte del libro in cui l’autore parla della sua diversità sessuale e della sua omosessualità, un aspetto che anche nelle varie recensione non è messo troppo in luce e mi sono chiesta perché; a me sembra che per lui questo abbia costituito il momento del riscatto, la conoscenza e l’amore nei confronti di questo ragazzo gli dà riconoscimento, lui è visibile, è considerato bello, è considerato finalmente un essere che non è trasparente. Allora mi sembra giusto che abbia dato valore a questa sua storia, a questa sua formazione.

Non so se sono io che esagero nell’aver considerato quest’esperienza della scoperta della sua omosessualità e dell’amore per Trevor estendendola anche a una acquistata identità. Poi tutto il resto lo avete detto voi benissimo.

Roberta

vorrei dire due cose. Prima di tutto è stato bello ascoltare i vari punti di vista su questo libro. Io ho finito di leggerlo poco tempo fa e penso di doverlo ancora assimilare in pieno, devo dire che mi ha molto spiazzato, infatti sono andata a cercare in internet le recensioni per capire un po’ qual era il punto di vista. Mi ha fatto sorridere una recensione che diceva che era un libro piacevole da leggere, perché per me non è per niente piacevole leggere un libro del genere, è un libro molto potente che ti colpisce nel profondo e dovendo identificare quello che mi fa venire in mente, le cose che percepisco, sicuramente ci sono l’urgenza di comunicare, molta sofferenza ma anche molta dolcezza nei confronti della mamma, ho apprezzato anche il video con l’intervista all’autore fatta dalla traduttrice in cui Vuong raccontava come durante un viaggio in Italia si era reso conto di come non fosse necessario per un romanzo avere una superficie liscia cioè voler produrre un prodotto coeso che scorresse in modo liscio. ma che ci potesse essere anche la possibilità di scrivere in modo frammentario e che comunque questa scrittura è frutto di qualcosa di doloroso, e fosse giusto che emergesse anche nella forma. Sono comunque d’accordo con voi che leggere questo libro sia stata un’esperienza, non sempre semplice, ma che mi ha colpito, d’altronde le opere d’arte sono fatte per colpire

Fabio

a proposito di quanto diceva Mitti sui compagni di Little dog tutti travolti dalla droga, io ho appena finito di leggere un libro che la dice molto lunga sulla generazione dei millennial americani, lo fa in maniera disperata, dando un quadro terribile che però corrisponde a quello che Vuong fa qui.

Cristo fra i muratori non lo conoscevo e mi è venuta voglia di leggerlo, ma nel nostro sistema bibliotecario ci sono solo due copie consultabili in Sormani, allora nel frattempo ho prenotato il film che ne hanno tratto.

Una cosa che mi ha suggerito Gianna, Little dog, quando l’ho incontrato mi sono detto questo l’ho già sentita perché quando studiavo i greci c’era una cosa nella cultura greca che si chiama l’invidia degli dei assolutamente analoga a quanto racconta Vuong per cui lui viene chiamato Little dog per tenere lontani gli sguardi degli spiriti maligni, presso i Greci i contadini dovevano dire di avere avuto un cattivo raccolto, anche se non era vero, per non suscitare l’invidia degli dei che si poteva scagliare su di loro, e qui analogamente questo nomignolo viene dato per non attirare su di sé l’attenzione degli spiriti maligni.

A proposito di generazioni, nel giro generazionale di nostra figlia questo libro aveva ampie segnalazioni, non a caso questo è un libro che ha una eco, un appeal nella generazione successiva alla nostra, ed è anche giusto e normale che sia così.

Ultimissima cosa: quando siamo difronte a scene di sessualità la nostra reazione è quella di fastidio, difficile che proviamo fastidio di fronte a scene di sesso etero

Maria Rosa

ti blocco subito, io onestamente quando vedo scene di sesso prolungate nei film ho sempre un’identica reazione anche se si tratta di etero.

Fabio

non volevo avere un tono critico , io stesso… qualche anno fa siamo andati a vedere Lo sconosciuto del lago, film presentato a Cannes e film sull’omosessualità, anche noi siamo usciti che non ne potevamo più ...va bene ritiro, questa cosa la tengo per me

Gianna

avevo chiesto il vostro parere sull’interpretazione che io ho dato su quest’insistenza delle descrizioni, l’amore è la chiave i volta della trasformazione, dell’acquisizione della sua identità e allora è giustificato che lui ne parli , in una maniera un po’ insistita, d’accordo, però secondo me valida nell’economia del discorso di tutto quello che lui ha voluto dire. Però è un’idea mia perché nelle varie recensioni da nessuna parte l’ho trovato, secondo me è funzionale a quello che lui voleva dire

Betta

io poi ho rivalutato la questione, la stessa Claudia Durastanti, la traduttrice del romanzo, a un certo punto dice: che cosa posso addurre come giustificazione al fatto che io ho tradotto questa cosa, chi mi da il pedigree per tradurre? poneva il problema per i traduttori se sia lecito tradurre e come traducono, lei dice: a chi devo somigliare per tradurre Brevemente risplendiamo sulla terra, a quali ferite e mancate ricomposizioni devo attingere, a quali storie di famiglia e migrazione devo rifarmi? Ma la vera somiglianza – dice poi – l’ho trovata altrove, la cosa che mi somigliava di più, universale nella sua dittatoriale pretesa di bellezza, vera per me come per Vuong e Trevor e per chiunque leggerà questo libro, sta nel modo in cui ci si innamora. Secondo me anche lei è stata presa da questa parte del libro e anche lei ha sentito forte questo amore profondo tra queste due persone; però in alcuni punti del libro la descrizione fisica è un po’ fastidiosa, per il resto ci sono dei tratti delicatissimi e dolcissimi e io non sono d’accordo con chi dice che ci danno fastidio certe cose, anzi l’omosessualità è raccontata con tale dolcezza che difficilmente si trova in persone etero quindi sono d’accordo con Gianna.

Mitti

Io non sono d’accordo con nessuno! L’omosessualità non è un problema, quello che mi ha colpito è la violenza e la prevaricazione, dove in più è presente una forma di razzismo, espresso nella frase di Trevor “Io questa cosa non la faccio, questa cosa va bene per te.” E’ questa forma di razzismo che mi ha colpito.

Anna C.

mi ritrovo in quello che hanno detto sia Mitti che Roberta, la prima parte andava bene ma a prezzo di una gran fatica a leggerlo, mi aveva interessato questa cosa che non sapevo ,l’inserimento facilitato di donne che avevano avuto figli da soldati americani, e poi mi sono affaticata, non riuscivo a mettere insieme, cercavo di dare una sequenza alle cose, la mamma guida quindi ha preso la patente, se ha la patente vuol dire che allora conosce la lingua; poi ci sono figure che compaiono e scompaiono come il nonno; probabilmente il limite è mio, sono tornata indietro mille volte per far combaciare i pezzi. Non mi ha entusiasmato ma è un bel libro, il mio non è un giudizio totalmente negativo, ma la fatica è estrema rispetto a quello che poi si può ricavare dal libro; forse questo mio continuare andare avanti e indietro non è stato funzionale a una lettura del libro, ci vuole forse il coraggio di leggerlo tutto di seguito.

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