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Libro per molti pesante, a tratti “sconvolgente”, dalla
trama oscura, che trasmette un senso di oppressione. È un testo cinico ma
anche realista nel descrivere con crudezza una società allo sfacelo durante il
proibizionismo. Nel racconto regnano corruzione e forme di degrado. Il racconto appare come una critica al sistema
giudiziario e alla società dell’epoca ma l’autore nel concreto non esprime mai
un punto di vista bensì resta al di fuori e lascia l’interpretazione al
lettore.
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L’ atmosfera prevalente è di grande cupezza. A ciò
si aggiunge un senso di inesorabilità del destino: nessuno è innocente e
nessuno si salva. Non si intravvede possibilità di redenzione. Faulkner racconta
qui una storia di non-speranza.
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I personaggi sono difficili da inquadrare, talvolta
chiamati per nome ed altre per cognome. Ciò rende la lettura faticosa.
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La scrittura è intensa con aggettivi caotici che ti
impegnano nella lettura. La prosa a tratti appare sconclusionata, sperimentale.
L’autore, considerato uno dei pionieri del modernismo americano, alterna frasi
brevi a periodi lunghi con descrizioni molto belle.
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Gli eventi descritti procedono a salti con poca
consecuzione. Secondo alcuni partecipanti non è un libro da leggere tutto
insieme, è anzi un patchwork.
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La lettura evoca altri ambienti degradati del nostro
tempo e ciò è un elemento di valore: significa che il libro ha capacità
universale.
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Tra gli emarginati descritti ci sono figure
interessanti come ad esempio la donna con il bambino e la tenutaria del
bordello. Tra i pochi personaggi positivi lo scemo del gruppo e l’avvocato.
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Sanctuary in inglese significa “porto sicuro” quindi
il titolo che rimanda ad un porto sicuro inesistente è forviante. Forse il
santuario profanato è il corpo della giovane ragazza
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Manca l’happy end ma non per questo il romanzo è da
respingere. Ci vuole anzi coraggio a raccontare storie negative. È un libro che comunque incuriosisce
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