ANDRÉ GIDE
André
Gide nacque a Parigi nel 1869 da una famiglia alto borghese, di religione
rigidamente protestante (ugonotta). Perde il padre nella prima adolescenza e il
legame con la madre, già stretto, diventa ancora più vincolante. Effettua un
corso di studi piuttosto irregolare e con
un amico compie il primo dei suoi tanti viaggi nell’Africa mediterranea. Ha una
fase mistica, con un innamoramento tutto intellettuale per la cugina Madeleine,
che prima lo rifiuta, ma poi accetta di sposarlo, anche se l matrimonio non
verrà mai consumato. Scopre la propria omosessualità, conosce Oscar Wilde e
parla apertamente dei suoi amori in Coryndon. È affascinato
prima da Schopenhauer, poi da Nietzsche. Durante un soggiorno in Congo, scopre e
denuncia i mali del colonialismo. Dirige per un certo periodo la Nouvelle Revue
Française, dui cui continua comunque a occuparsi a lungo. Nel 1923 ha una
figlia da una giovane donna, a sua volta figlia di amici. Catherine, così si
chiamava la bambina, sarà riconosciuta ufficialmente soltanto dopo la morte di
Madeleine. Durante gli anni Trenta si avvicina al comunismo; nel 1936 compie un
viaggio in URSS, alla ricerca dell’uomo nuovo, ma trova soltanto il vecchio
totalitarismo, che denuncia nel saggio Ritorno dall’URSS, inimicandosi
gran parte del partito comunista francese. Durante l’occupazione tedesca della Francia,
si rifugia a Tunisi, dove Incontra anche de Gaulle. Torna in patria soltanto nel
1946, ma, diversamente da Sartre, non si impegna politicamente. Nel 1947 viene
insignito del Nobel per la letteratura, ma non scrive più, i suoi ultimi anni alla
pubblicazione degli inediti. Muore a gennaio del 1951.
LA
PORTA STRETTA
La
sua carriera letteraria inizia nei primi anni novanta dell’800, ma è soltanto
nel 1902, con L’immoralista, che comincia a farsi conoscere. Al suo
protagonista, un edonista alla ricerca del solo piacere, si contrappone, nel
1909 La porta stretta, in cui la ricerca è quella della santità. Entrambi
i titoli contengono echi dei vangeli. La porta stretta è la porta della
virtù, quella di una perfezione sempre sfuggente. Il tema appare chiaro a tutti
i presenti e molte lettrici parlano di un primo momento di rigetto di un mondo così lontano dal nostro tempo. Il libro
è diviso in tre parti: la fanciullezza e l’adolescenza dei due protagonisti,
Alissa e Jérôme, la giovinezza e
infine il diario di Alissa. Mentre la prima parte ha una sua freschezza,
diverse lettrici trovano esasperante il ripetersi continuo della stessa
situazione, caratterizzata dal desiderio di avvicinarsi e abbandonarsi, che
però non si concretizza mai. Entrambi i protagonisti sono innamorati
dell’amore, in un gioco tutto intellettuale e letterario. In Alissa ci sono echi
della Beatrice dantesca, ma Beatrice non è più sulla terra e vive soltanto
nella mente di Dante, che ne fa la sua verso la perfezione: Alissa, invece, è viva e presente, e si umilia, si castiga, si
fustiga per elevare se stessa e Jérôme, imboccando un
percorso sacrificale, che non può che portarla alla debacle finale. Il diario,
che è la parte più interessante del libro, rivela le radici profonde del
terrore della sessualità che anima Alissa: su di lei incombe il fantasma della
madre, la straniera, la creola, tutta sensualità e languore, la donna che se ne
va, abbandonando marito e figli, che non ha altra dimensione se non quella dei
sensi. E tuttavia, la strada che Alissa ha scelto non la conduce alla virtù suprema,
ma all’autodistruzione: non c’è paradiso per lei – e neppure per Jérôme - ma soltanto una solitudine
estrema, in cui anche la purezza dei suoi intenti le appare sempre più incerta
e Dio sempre più lontano. Il linguaggio, nella terza e ultima parte, si fa
scarno e spietato: l’esperimento dell’ascesi si trasforma in tragedia. Con la
sua tematica e analisi serrata Il libro sembra, ed è probabilmente, un romanzo
a tesi, dal linguaggio terso, anche se ripetitivo nella parte centrale. E pur essendo
la sua tematica così lontana dal nostro tempo, La porta stretta lascia
un segno nella maggior parte delle lettrici e dei lettori presenti e sembra
suscitare, dopo una ripulsa inziale cui molti accennano nella discussione,
riflessioni non passeggere.
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