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Le cicogne immortali di Alain Mabanckou

Report GDL “Letterature altre”


Alain Mabanckou, Le cicogne sono immortali, traduzione di Marco Lapenna, 66thand2nd, Roma 2020, pp. 208

Alain Mabanckou

Nato nel 1966 nella Repubblica del Congo, cresce a Pointe Noire, capitale economica del paese, insieme alla madre, figura centrale della sua vita: a lei sono dedicati i suoi libri. Dopo il baccalaureato sceglie studi giuridici all’università Marien Ngouabi di Brazzaville, poi a ventidue anni ottiene una borsa di studio per la Francia. Porta con sé in valigia una raccolta di poesie che pubblicherà qualche anno più tardi. Dopo la laurea lavora per una decina d’anni nel gruppo Suez-Lyonnais des Eaux ma poco a poco finirà per dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Il successo arriva nel 2005 con Verre cassé che lo rivela al grande pubblico, il suo quinto romanzo viene unanimemente apprezzato dalla critica, dalla stampa e dai lettori, e ne viene realizzata una versione teatrale. Le sue opere sono tradotte in una quindicina di lingue. Vent’anni prima il suo primo romanzo Bleu, Blanc, Rouge aveva ricevuto il “Gran Prix de l’Afrique Noire.

Nel 2007 la UCLA di Los Angeles lo nomina Full Professor di Letteratura francofona, da allora vive a Santa Monica in California. Nello stesso anno compare la sua Lettre à Jimmy, dedicata a James Baldwin in occasione del ventesimo anniversario della morte. Nel 2008 traduce dall’inglese in francese Beasts of no nation di Uzodinma Iweala, di origine nigeriana, giovane promessa delle lettere americane; dal film verrà tratto un film.

Nel 2012 l’Académie française gli conferisce il Grand Prix de littérature per l’insieme della sua opera, che va ad affiancarsi agli altri premi ricevuti in precedenza.


Con questo testo Mabanckou ci dipinge il ritratto di un paese in piena trasformazione storica e lo fa con tono leggero, a volte giocoso. A Pointe Noire, nel quartiere Voungou, la vita segue il suo corso. Il giovane Michel un preadolescente che ha fama di essere un sognatore maldestro, ma anche curioso e intelligente, vive con Maman Pauline e Papa Roger (già protagonisti del precedente romanzo Domani avrò vent’anni), una famiglia affettuosa che non ha molti mezzi, ma si preoccupa di proteggerlo dalla violenza che si scatena al di fuori della cerchia familiare.

Respiriamo l’atmosfera delle strade polverose di Voungou e le strade lastricate dove vivono i benestanti. Scopriamo a poco a poco la vita del quartiere e i suoi abitanti, le loro scaramucce e i piccoli commerci di cui vivono, ma all’improvviso le loro esistenze tranquille vengono sconvolte nel marzo del 1977 da un avvenimento imprevisto: a Brazzaville viene assassinato il compagno presidente Marien Nguabi. La storia si svolge nell’arco di tre giorni, da sabato a lunedì, tre giorni di grande intensità, attraverso cui Mabanckou ci racconta la storia del Congo.

A partire da questo momento tutto cambia per Michel e la sua famiglia, i rapporti con i vicini diventano più tesi. Mabanckou molto abilmente riesce a far vivere al lettore le tensioni che lacerano il Congo in quel 1977, ci fa assistere alle ripercussioni sulla vita quotidiana degli abitanti, poco a poco prende forma un affresco che mostra un paese diviso tra Nord e Sud, tra colonialismo e decolonizzazione, tra rivalità e lotta per il potere, e lo fa attraverso lo sguardo di Michel, il preadolescente che è il narratore di questa storia.

La gente comune assiste a questi eventi con sgomento, si interroga su quale domani li aspetti, i camion militari che attraversano le strade di Pointe Noire non hanno affatto l’aria di essere lì per proteggere la popolazione.

Colonna sonora del romanzo sono i canali radiofonici che papa Roger ascolta con Michel sotto l’albero di mango: la radio nazionale la Voix de la Révolution Congolaise che trasmette solo canzoni sovietiche e la Voice of America che parla del mondo intero. In questo modo Roger, insegna al figlio a decodificare la propaganda.

La tragedia finisce per abbattersi anche sulla famiglia di Michel con la notizia dell’assassinio del capitano Luc Kimbouala-Nkaya, fratello di Maman Pauline; da questo momento vivranno nel timore di essere arrestati dalla polizia.

Per Michel il sognatore è l'inizio di un duro apprendistato.

Il libro è stato apprezzato dalla maggior parte del gruppo per la gradevolezza, l’ironia e l’umorismo con cui racconta un paese carico di contraddizioni. Un libro importante – è stato

ribadito da più parti - perché fa riflettere su mentalità diverse dalle nostre e stimola a saperne di più su certe realtà.

Non sono mancate alcune sottolineature critiche sull’eccessiva mole di informazioni che rendono l’intermezzo storico un po’ forzato per cui il romanzo risulta meno riuscito. Lo stile ha richiamato La vita davanti a sé di Romain Gary ritenuto però più efficace e più bello.

Due i giudizi nettamente negativi: in un caso la lettura è stata abbandonata, nell’altro, pur avendo apprezzato gli aspetti antropologici culturali, il testo è stato giudicato non letterario.

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