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lunedì 6 febbraio 2017

riunione di letterature altre 27/1/2017



Gruppo di Lettura “Letterature altre” 27 gennaio 2017

Rabee Jaber, Come fili di seta, traduzione di Elisabetta Bartuli con Hamza Bahri, Feltrinelli, I Narratori, Milano 2011, pp. 407


Come sempre accade, nel gruppo i pareri sull’opera letta sono stati diversi. C’è chi ha trovato poco plausibile e poco approfondito il personaggio di Marta, che sembra avere solo qualità e nessun difetto, la perfezione in persona. Più un ideale maschile di donna che una donna reale. E' stato rilevato anche da altre come il suo personaggio non sia ben articolato, sia poco riuscito, mentre invece altri personaggi secondari risultano più realistici e incisivi nella memoria.
             Altro giudizio negativo è quello di chi ritiene poco significativo il testo, simile a tanti altri.
            Tra gli aspetti negativi denunciati c’era il ripetuto intervento dell’Autore che si rivolge al lettore con domande o facendo anticipazioni, interventi che sono stati ritenuti fastidiosi e inutili. C’è invece chi li ha apprezzati e in qualche caso li ha trovati anche divertenti come quando a p. 236 parlando di tre venditori ambulanti di cui poi non si sa più niente, l’Autore commenta: "La strada li ha condotti dove doveva condurli e sono tutti caduti fuori dal libro".
            Altre hanno sottolineato come la lettura le abbia prese e abbiano letto volentieri tutto d'un fiato, anche perché interessate all’aspetto storico, nel caso specifico l’emigrazione dalla Grande Siria verso gli Stati Uniti all’inizio del 1900, e quindi  hanno apprezzato il testo per l’interessante mosaico storico che molte di noi ignoravano. C’era anche chi ricordava di aver conosciuto donne che avevano fatto scelte forti di emigrazione come la protagonista del romanzo, che risultava quindi plausibile ai loro occhi.
            É stato fatto un paragone con Origini di Amin Maalouf, in cui l’Autore è più interessato alle vicende migratorie della famiglia Maalouf, le cause e le speranze dei singoli, mentre Rabee Jaber è più interessato ad inserire la vicenda personale di Marta all’interno del quadro più generale dell’emigrazione storica dalla grande Siria.
            I migranti siriani con la “kasha” sulle spalle che vanno nei villaggi più sperduti a vendere la loro mercanzia  hanno ricordato a qualcuna i marocchini con i tappeti che giravano per le nostre strade qualche decennio fa, e quindi è stata apprezzata la descrizione di questo fenomeno dell'emigrazione "siriana" in America,  la descrizione dell’epidemia di spagnola, della guerra… così come è stata apprezzata la "leggibilità " del libro, grazie anche alla scansione di capitoli piuttosto brevi (su questo punto altre erano in disaccordo).
            La figura di Marta ha richiamato alla memoria altri personaggi femminili,  protagoniste di romanzi come Umbertina di Helen Barolini, Vita di Melania Mazzucco e altre figure di donne che si ritrovano nei racconti di tanti autori italoamericani.
            Infine c’è chi, ignorando l’esistenza di una emigrazione dai paesi sull’altro lato del Mediterraneo, ha cercato notizie scoprendo che ondate di emigrazione dai paesi del Medio Oriente si sono verificate alla fine del XIX e lungo tutto il XX secolo, essenzialmente dalla “Grande Siria” (che allora inglobava Siria, Libano, Palestina) per motivi economici, ma anche per le tensioni tra le varie confessioni religiose.
            Meta di questi emigranti erano gli Usa ma anche l’America latina (come emerge anche dal testo di Jaber) dove gli emigranti “siriani” vennero soprannominati “Turcos” perché la Grande Siria faceva parte dell’Impero ottomano.
            Personaggi “siriani” si ritrovano in diversi romanzi di autori sudamericani come Gabriel Garcia Marquez, Jorge Amado (la cui moglie Zelia Gattai era figlia di emigranti italiani), Jorge Louis Borges, Julio Cortazar, oltre che in vari autori arabi contemporanei, in particolare libanesi.
             Da un articolo della rivista “Hommes & Migrations” del 1991 si apprende che circa il 40% dei “siriani” che emigrano negli Usa tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo diventano, come Marta, venditori ambulanti, un lavoro molto duro ma anche molto remunerativo: nel 1910 il reddito medio annuo di un venditore ambulante era di circa 1000 dollari contro i 382 di un fattore agricolo.

(a cura di Dunia e Anna DS)

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