Il sogno più dolce di Doris Lessing, Feltrinelli recensione di Grazia Giordani
inviatoci da Marina Di Leo
IL POTERE DEL SOGNO
E LA GRANDE ILLUSIONE
Chi ha letto i primi due volumi della stupefacente autobiografia di Doris
Lessing, che l'autrice non ha voluto continuare, nel timore di ferire troppi
suoi contemporanei, ritroverà nelle pagine de "Il sogno più dolce",
pubblicato dalla Feltrinelli, nella frizzante traduzione di Monica Pareschi,
ancora una allure irrimediabilmente
autobiografica, quasi un letterario "risarcimento" a chi avrebbe
potuto rammaricarsi per la scrittura interrotta. Una saga travolgente, questa
dell'autrice nata in Iran nel 1919 e trasferitasi definitivamente in
Inghilterra al cadere degli anni Quaranta, di cui la Feltrinelli ha pubblicato
numerosi volumi, tra i quali amiamo ricordare: "Il diario di Jane Sommers
(1986); "Racconti africani" (1989); "Un matrimonio per
bene" (1992); "Camminando nell'ombra" (1999), solo per citare
alcuni dei suoi grandi romanzi. La storia narrata occupa quel ventennio che
corre tra gli anni Sessanta-Ottanta, anni di lotte, speranze e di grandi sogni
e illusioni. Teatro dell'azione è una accogliente casa londinese; attori sono i
membri di una famiglia borghese non convenzionale e aperta; la scena sociale e
politica si presta ad una ironica e feroce stigmatizzazione dello stalinismo e
di quegli ideali di una cieca ubbidienza ad un partito nelle cui fila la
Lessing fu all'inizio militante, dissociandosene poi, in netto contrasto con le
bassezze di un'ideologia che l' ha vista divenire fortemente critica nei
confronti di una generazione che parlava per stereotipi di "nemici di
classe", di "espropri proletari", di "Rivoluzione" e
che era "convinta che per mangiare basti aprire la bocca"… Il clan
Lennox è variamente composto da consanguinei e conviventi, in una strana
"comune" che mette subito in risalto la rara generosità di Frances e
Julia, nuora e suocera diversissime per ideali ed estrazione, ma egualmente
votate all'altruismo, unite per la protezione dei "ragazzi", contro
tutti gli ostacoli, fra i quali primeggia il terribile compagno Johnny.
Umanamente deleterio, ma letterariamente ben riuscito - come spesso accade agli
eroi negativi -, è la figura di questo fanatico stalinista, figlio di Julia,
per breve tempo marito di Frances, giusto quello indispensabile per farle
mettere al mondo due figli. Se vi è molta autobiografia in questo romanzo, ci
auguriamo che l'autrice si sia lasciata prendere la mano dalla sua creatività
artistica, perché un uomo come quello da lei descritto sarebbe da sopprimere
prima ancora che nasca: egoista fino all'inverosimile, scroccone, infedele,
falsamente proletario - con tanto di studi al mitico Eton, sempre tenuti
nascosti -, bugiardo. E allora perché tanto affascinante agli occhi delle
donne? Perché affabulatore, farneticante, millantatore, surrogato di Che
Guevara di provincia, assertore del motto per cui : "la rivoluzione viene
prima delle questioni personali"; pronto a scaricare mogli scartate e
prole danneggiata nella grande casa di Julia. Viaggiatore, in omaggio ai suoi
ideali, va "in missione di pace e amicizia", dai paesi dell'Est a
Cuba, all'Africa, alla fine canuto nonnino, ostinato messaggero delle sue
politiche illusioni. Il massimo del paradosso ci appare raggiunto quando
Frances , con l'aiuto di Julia si trova a dover mantenere ed accogliere la
moglie "smessa" dell'irresponsabile suo ex marito, nonché la giovane
figliastra, delizioso - quest'ultima - personaggio del romanzo. Risvolti
divertenti si leggono nelle pagine in cui Frances, assunta dal "Denver",
prima di diventare una giornalista e scrittrice famosa, conduce, col "nom
de plume" di Vera, una posta coi lettori; o quando si apprende che mogli
respinte dai mariti - esercizio in cui Johnny ci appare essere maestro - vanno
in terapia per diventare a loro volta analiste con salate parcelle. I giovani
del romanzo rompono i vincoli con le convenzioni e cercano una smodata libertà;
loro punto di raduno è la cucina della grande casa, dove mangiano, giocano,
litigano, fumano, amoreggiano, si confrontano, si lamentano delle proprie
famiglie, dell'ordine costituito, vantandosi per i continui furti, speranzosi
in un mondo migliore. Ormai i ragazzi si sono fatti adulti e, dall'Inghilterra
della loro giovinezza, passano in una ex colonia africana, dopo l'indipendenza.
Qui l'autrice gioca fortemente in casa, vista la sapiente scrittura da lei
precedentemente dedicata a questa amata terra, esposta con vivida penna; penna
che è come uno stiletto, un affilato rasoio capace di stigmatizzare
clientelismi e prevaricazioni a danno di quella povera gente, che già
flagellata da Aids, malattie e siccità, col cambio di padrone, le appare caduta
dalla padella nella brace, condannata comunque ad un amaro destino. Il potere
del sogno e il prezzo delle illusioni sono dunque i veri protagonisti di questa
grande storia di famiglia allargata, metafora della storia di un'epoca,
espressa con rara intensità di scrittura e capacità di farci entrare con
estrema naturalezza nel cuore della pagina.
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