Arianna Szorényi,
Una bambina ad Auschwitz, Mursia 2014
A cura di Bruno
Bechini
In
vista dell'incontro che avremo il 23.2 con l'autrice, accanto ai molto altri motivi di interesse
che saranno oggetto del nostro confronto con lei, voglio fin d'ora sottolineare
qui quello che più ha colpito me nel suo bellissimo libro.
In
ripetuti passaggi (a partire dalla Prefazione, a p.17, ma poi anche alle pp.
22, 44-45, 51, 56) si sente vibrare in Arianna - mi viene di chiamarla così
alla luce degli 11 anni a cui è stata protagonista delle vicende narrate - la
forza straordinaria di una condanna senza appello e di un rifiuto totale al
perdono nei confronti dei suoi persecutori. E a mio parere, al di là delle
reali intenzioni dell'autrice, si tratta di un messaggio implicito che
trascende la sua storia personale e tocca un problema tuttora apertissimo: è
ancora possibile pensare alla Shoah nei termini di un episodio riconducibile
alla follia di Hitler e dei suoi più stretti seguaci e collaboratori, secondo
l'attuale tendenza almeno di una parte dell'opinione pubblica tedesca e non
solo?
Certo
a sostegno di questa posizione ha contribuito la confusione creata a suo tempo
dalla tesi di Hannah Arendt sulla banalità del male. Tesi letta dai più
come una difesa dei piccoli, mediocri esecutori materiali come Eichmann (e
simili, da altri più recenti studiosi
esaminati nella loro debolezza ed insignificanza, come Rudolf Hoess,
primo comandante del lager di Auschwitz, o Franz Stangl, comandante dei campi
di sterminio di Sobibor e Treblinka), anziché come i rappresentanti esemplari
elevati dalla Arendt a cifra del crollo etico di un'intera società.
E'
un errore di prospettiva simile a quello dei molti che oggi tendono a
ridimensionare la lezione dell'Olocausto, a fronte di tante altre atrocità e
genocidi commessi prima o dopo (a sostegno vengono spesso portati gli esempi di
Stalin, di Pol Pot, dell'ex Jugoslavia e così via), finendo per sfumare i
contorni specifici, assolutamente irripetibili, del tragico evento in
questione.
Perché
quasi mai la storia si ripete. Al contrario della miopia.
Infatti,
commettendo lo stesso errore di Ben Gurion, che ai tempi del processo ad
Eichmann voleva legare indissolubilmente la Shoah al neonato stato di Israele,
vedendovi l'unico possibile baluardo contro ogni nemico presente e futuro del
Popolo Eletto, oggi Netanyahu invita gli Ebrei di tutti i Paesi colpiti da
attentati anti-sionisti di matrice islamica ad emigrare in Israele, mostrando
così di ignorare, a parte tutto il resto, la dimensione globale della minaccia
dell'Isis, rivolta contro tutta la civiltà occidentale e, come tale, destinata
a non tralasciare prima o poi neppure la Terra Promessa.
Per
questo, tornando in conclusione all'incontro di oggi, ritengo fondamentale dare
e ricevere la testimonianza di personaggi, purtroppo in via di estinzione, come
Arianna Szorenyi che hanno vissuto in prima persona l'orrore della Shoah e che
coraggiosamente continuano a battersi contro ogni forma di negazionismo o di
“riduzionismo”. Perché solo ricordando quel male assoluto, e il crollo dei
valori da cui esso è stato generato nel recente passato, potremo confrontarci
con gli innumerevoli orrori del presente
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