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martedì 5 marzo 2013

Amitav Ghosh, Le Linee D'Ombra, Neri Pozza (2010)

Contributo di Bruno Bechini

          Amitav Ghosh, considerato uno dei maggiori scrittori indiani di lingua inglese, è nato a Calcutta nel 1956. Ha studiato ad Oxford e vive fra la sua città natale e New York. Delle sue opere, oltre al romanzo in questione, Neri Pozza ha pubblicato Lo schiavo del manoscritto (2009), Mare di papaveri (2008), Il cromosoma Calcutta (2008), Il palazzo degli specchi ((2007), Circostanze incendiarie (2006) e Il paese delle maree (2005).
            Della genesi del bellissimo romanzo di formazione pubblicato nel 1988, preso in esame dal Circolo di lettura Valvassori Peroni nel febbraio 2013, è lo stesso autore a parlare, rievocando in Circostanze incendiarie (alle pp.219-237) i sanguinosi tumulti seguiti a New Dehli all'uccisione di Indira Gandhi nel 1984: “Nell'arco di qualche mese cominciai a scrivere il mio romanzo, che si sarebbe intitolato Le linee d'ombra: un libro che mi riportava indietro nel tempo, a ricordi più antichi, di disordini di cui ero stato testimone nell'infanzia. E' diventato un libro non su uno specifico evento, bensì sul significato di simili eventi e sulle conseguenze che hanno nella vita degli individui che li attraversano”.
            In tutta la prima parte il protagonista narrante (dal nome mai rivelato) esalta a piene mani il fascino esercitato su di lui da Tridib, il cugino di nove anni più grande, figlio di un funzionario del Foreign Office, che periodicamente ricompare nella modesta casa e nella vita di zii e cugini, riempiendola delle sue storie fantastiche, dei tesori della sua sterminata cultura e delle mirabolanti descrizioni di un'Inghilterra leggendaria e lontana. Il giovane protagonista del romanzo assorbe a tal punto l'arte di narrare di quel bizzarro cugino dalla fisionomia inconfondibile e accattivante, da diventare capace lui stesso, crescendo, di dare voce ai ricordi della sua infanzia, alle vicende della sua famiglia e a quelle più grandi dell'India moderna. Senza una linea cronologica coerente, ne nasce una narrazione in cui il paesaggio indiano o inglese, i luoghi reali o immaginari diventano esemplari e simbolici, come i fantasmi femminili che dominano la scena: l'amatissima nonna materna, la bellissima cugina Ila, l'enigmatica amica inglese May. In tutta questa  saga i passaggi continui da un tempo e da un luogo all'altro vengono dall'autore a tal punto deliberatamente dissimulati, da risultare perfino d'intralcio a una piana lettura, ma ad un esame approfondito si rivelano un profondo e devoto omaggio all'affascinante visione del mondo (e della letteratura) espressa da Tridib:
            “Tutti vivono dentro una storia, dice, la nonna, mio padre, suo padre, Lenin, Einstein e un mucchio di altri nomi che non ho mai sentito; tutti hanno vissuto dentro le storie, perché le storie sono l'unico luogo in cui si può vivere, si tratta di sceglierne una...”(p. 230). O, per voce dello stesso protagonista: “Erano tutti intorno a me, finalmente riuniti, e non erano affatto fantasmi: l'essenza dei fantasmi consiste semplicemente nell'assenza di tempo e di distanza, un fantasma altro non è che una presenza rinnovata nel tempo” (p.229).
            Ma su tutte le dolci, care figure di questo universo, si staglia quella della mitica cugina Ila, amata da sempre di un amore non corrisposto che il protagonista coltiva per un quarto di secolo, fino alla cocente delusione con cui si conclude la prima parte, in cui una delle accezioni del titolo, quella del richiamo al romanzo di Conrad, viene esplicitata in modo inequivocabile:
            “Poiché non fece ritorno nello scantinato quella notte , seppi che una parte della mia vita di essere umano era finita, che non esistevo più se non come cronaca” (p. 145).
            L'altra accezione del titolo “Le linee d'ombra”, con  il passaggio al plurale da quello singolare conradiano, si riferisce invece ai confini dello spazio e del tempo, le linee immaginarie e violente che gli uomini inventano per mettere ordine nella vita e nei loro contrasti, ma che, come tali, sono inevitabilmente destinate a spostarsi e a ricomporsi di continuo  in nuove costellazioni. E' la materia, tutta politica,  in primo piano nella seconda parte del romanzo, che si svolge fra Calcutta e Dacca, scenari dei tumulti razziali del 1964, a cui nella prima città assiste spaventato il protagonista dodicenne e nell'altra non solo assiste, ma viene drammaticamente coinvolto Robi,  il suo cugino coetaneo fratello di Tridib. Due episodi paralleli e quasi simultanei narrati con grande efficacia, ma che si arrestano, come  sulla soglia di un precipizio, senza la rivelazione del finale del più grave dei due, ambientato a Dacca: la terribile morte di Tridib. Morte della cui tragica sequenza, fino ad allora completamente ignorata, il protagonista (e il lettore con lui) verrà a conoscenza  soltanto quindici anni dopo a Londra, ascoltando a poca distanza di tempo la testimonianza dell'inconsolabile Robi, prima, e quella tormentata dell'amica inglese May, in un secondo tempo, ormai alle ultime pagine del romanzo. Una scelta narrativa geniale che va ad impreziosire ulteriormente la particolarissima struttura di un libro imperdibile; che si distingue anche per l'eleganza della scrittura, la magistrale rappresentazione dei personaggi, l'eternità e al  contempo  la grande attualità di temi come la famiglia, la storia e le sue violenze, il razzismo, affrontati tutti dall'autore con commossa partecipazione.

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